MAGGIOLI EDITORE - Ufficio Tributi


Il questionario del Comune blocca il ravvedimento

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Il paradosso è che il pvc consente l’autocorrezione del contribuente
Estensione a rischio del ravvedimento statale ai tributi locali (si veda «Il Sole 24 Ore» di martedì). Nell’emendamento alla legge di conversione del decreto legge 124/19 è prevista l’abrogazione del comma 1 bis dell’articolo 13 del Dlgs 472/97, allo scopo dichiarato di equiparare la disciplina relativa ai tributi erariali a quella riferita ai tributi locali.

Il comma 1 bis limita la possibilità della sanatoria anche oltre la scadenza della dichiarazione successiva alle sole imposte gestite dalle Entrate. A ben vedere, però, la modifica in itinere non abroga il comma 1 ter dello stesso articolo 13.

A mente di tale norma, ai soli tributi amministrati dall’agenzia delle Entrate non si applica la preclusione indicata nel comma 1 del medesimo articolo, relativa alla notifica di un atto della procedura di controllo.

Per l’effetto, la regolarizzazione è ammessa fino a quando non viene notificato un avviso di accertamento o un avviso bonario.

A stretto tenore di legge, dunque, se la modifica in esame viene emanata, potrebbe sostenersi che, da un lato, il contribuente dei tributi comunali può ravvedersi senza termini, dall’altro, tale facoltà resterebbe preclusa in caso di notifica di un atto dell’attività di controllo.

Nel contempo, se la violazione viene contestata dal Comune con un accesso e quindi con la redazione di un pvc, il ravvedimento è ancora possibile, con la riduzione della sanzione a un quinto del minimo.

Se così fosse, si assisterebbe all’assurdo che la puntuale contestazione della violazione nel pvc sarebbe ancora sanabile, mentre la notifica di un questionario lo impedirebbe del tutto. È evidente che questa interpretazione, eccessivamente letterale, non ha molto senso. Sembra quindi più corretto leggere i commi 1 bis e 1 ter dell’articolo 13 suddetto in modo unitario, di modo che l’inoperatività del primo (comma 1 bis) determini a logica l’inefficacia anche del secondo (comma 1 ter).

Semmai la circostanza che non si preveda l’abrogazione del comma 1 ter dovrebbe spiegarsi con la volontà di conservare portata ostativa all’avviso bonario, che non ha natura propriamente di atto impositivo. Dovrebbe quindi valorizzarsi la volontà del legislatore di mettere sullo stesso piano sia i tributi comunali e regionali, da un lato, sia quelli erariali, al più, per l’appunto, con la peculiarità degli avvisi bonari, ai sensi dell’articolo 36 bis e 36 ter Dpr 600/73. Indubbiamente la soluzione più semplice sarebbe quella di riscrivere del tutto l’articolo 13 Dlgs 472/97, recependo una disciplina unitaria per tutti i tributi.

L’occasione potrebbe essere la legge di Bilancio 2020, in modo da scongiurare il rischio che le nuove regole in arrivo sui tributi locali vengano applicate ancora una volta con modalità discriminatorie rispetto al comparto statale.

Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.


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