MAGGIOLI EDITORE - Ufficio Tributi


Tributi locali, azioni esecutive dopo soli 120 giorni dal ricorso

di Luigi Lovecchio

Accertamento esecutivo in arrivo, a partire dall’anno prossimo, anche per i tributi comunali. Con una precisazione, probabilmente inutile, si stabilisce che la novità riguarderà già le annualità non decadute al 1° gennaio 2020. Il disegno di legge di bilancio 2020 approdato all’esame del Senato conferma l’assetto originario con alcune modifiche di interesse. Per la generalità dei tributi comunali, a legislazione vigente, dopo la notifica dell’atto di accertamento, se il contribuente non paga le somme richieste, l’ente deve munirsi di un titolo esecutivo, rappresentato dalla cartella di pagamento o dall’ingiunzione fiscale. A decorrere dagli atti emessi da gennaio prossimo, invece, l’avviso di accertamento conterrà l’indicazione che, decorsi i termini per ricorrere, lo stesso diverrà ope legis titolo esecutivo, come già accade per la maggior parte dei tributi statali. La medesima regola varrà per l’atto di riscossione delle entrate patrimoniali. Decorsi trenta giorni dalla scadenza del termine per ricorrere ovvero, per le entrate patrimoniali, dai 60 giorni dalla notifica, il carico tributario viene affidato al soggetto incaricato della riscossione. Le attività di recupero coattivo potranno iniziare dopo 60 giorni dalla scadenza del termine ultimo dal pagamento. In pratica, questo significa che il riscossore dovrà attendere ancora 30 giorni dalla ricezione del carico tributario, prima di attivarne la riscossione. Se il contribuente propone ricorso, l’affidamento riguarderà l’ammontare del solo tributo, poiché le sanzioni sono riscuotibili solo dopo la sentenza di primo grado. In tale eventualità, non possono essere avviate azioni esecutive per un periodo di 180 giorni. Una delle modifiche apportate in commissione prevede che detto termine sia ridotto a 120 giorni, qualora il riscossore coincida con il soggetto che ha emesso l’accertamento (ad esempio, il Comune). Questa riduzione della moratoria non è tuttavia comprensibile, poiché il periodo di “blocco” ha la sola finalità di consentire al contribuente di chiedere e ottenere la sospensione del pagamento da parte del giudice tributario. Questa esigenza sussiste anche in caso di identità tra «accertatore» e «riscossore». Nella formulazione originaria era previsto che le modalità di trasmissione del carico tributario sarebbero state stabilite in un decreto delle Finanze. Ora si precisa opportunamente che, nelle more dell’adozione di detto decreto, vi provvede comunque l’ente impositore. Per somme che non superano 10mila euro, le azioni cautelari ed esecutive devono essere precedute dall’invio di un sollecito a pagare gli importi dovuti, entro trenta giorni. Le azioni di recupero sono quindi promosse senza più notificare né cartella né ingiunzione. Se vi è fondato pericolo per la riscossione, l’intero credito può essere affidato immediatamente al riscossore, anche in presenza di ricorso. Si tratta della riproposizione della regola recata nell’articolo 15-bis del Dpr 602/1973. Facendosi carico di un problema rimasto irrisolto per le imposte erariali, si dispone l’obbligo di inviare al contribuente un atto che indichi le ragioni di tale pericolo. Tanto più che, in tale contesto, in caso di ricorso non opera la moratoria di 180 giorni e il riscossore può quindi immediatamente aggredire il patrimonio del debitore.

Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.


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