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Ciclo rifiuti, il ritardo costa caro
Ambiente. Studio di Ref Ricerche sulle carenze in tema di infrastrutture e trattamento degli scarti urbani

Una grande opportunità che rischia di andare persa non solo sul fronte dell’ambiente, ma anche per quanto riguarda la crescita economica e occupazionale. Il ritardo dell’Italia nel ciclo del rifiuto urbano costa caro: i conti li ha fatti un’indagine del Laboratorio Spl (Servizi pubblici locali) di Ref Ricerche. 

I gap da colmare 
«Da un miglioramento del ciclo – Osserva Donato Berardi, direttore del Laboratorio Spl di Ref – si possono attendere 10 miliardi di risparmi di costo all’anno e la creazione di 60mila posti nel riciclo e nel trattamento. Il solo recupero energetico dei rifiuti smaltiti in discarica vale un miliardo di euro l’anno». Invece, il tema è uno dei nodi trascurati dall’Italia e lo si evince già dalle 16 procedure di infrazione alla disciplina comunitaria a suo carico in materia ambientale. E nel confronto europeo il Paese non è tra i virtuosi: ad esempio, nella Ue a 28 a fronte di una produzione di rifiuti pari a 489 kg/abitante l’Italia si situa a quota 505 kg. Inoltre riesce a trattarne solo 476 kg/abitante, ossia il 94% (davanti solo a Bulgaria, Slovenia, Romania, Polonia ed Estonia), mentre una dozzina di Paesi arriva al 100 per cento. Ma c’è di peggio: il 41% delle frazioni trattate va a finire ancora in discarica (contro una media Ue del 34% e una Germania a zero) ed è fermo al 18% il ricorso al trattamento termico, contro un valore medio del 27% nella Ue a 28, con Danimarca e Olanda al 52 e al 49 per cento.
«La tematica rifiuti sale alla ribalta durante le emergenze – continua Berardi – e ci si dimentica che la direttiva del 1999 imponeva la chiusura delle discariche non a norma e vietava di smaltire in discarica i rifiuti urbani non trattati. Tuttavia, ancora oggi, oltre il 40% dei rifiuti urbani smaltiti in discarica non subisce alcun trattamento. Se la discarica resta la modalità di trattamento più conveniente, non vengono inviati segnali tariffari che incentivino gli operatori (gestori e utenti) a prendere altre direzioni, in grado di generare qualità, crescita e valore per la collettività, come testimoniano alcune aziende già esistenti, eccellenze in ambito nazionale e internazionale. Per un Paese che è la patria del bello, della buona alimentazione e del turismo, l’ambiente deve essere il centro di una strategia industriale, un volàno di sviluppo. E un disegno specifico non può che partire da un mandato forte di regolazione affidato a un’Autorità indipendente e possibilmente già collaudata».
Con lo Sblocca Italia (Dl 133/2014 convertito in legge 164/2014) è stato compiuto un primo passo: «L’articolo 35 – precisa Berardi – prevede la pianificazione di una rete nazionale integrata di impianti di trattamento, la cui individuazione è stata affidata alla presidenza del Consiglio, superando in tal modo i problemi di coordinamento tra gli attori in campo (Regioni, enti locali, gestori). Tali impianti potranno essere autorizzati a lavorare fino a saturazione del carico termico, con l’obiettivo di porre rimedio alla cronica carenza di capacità di smaltimento in cui versa larga parte del Paese». 
La situazione è molto variegata : dei 44 impianti di incenerimento attivi, 28 sono al Nord, nove al Centro e otto al Sud. In parallelo con lo sviluppo infrastrutturale cala il ricorso alla discarica: vi è conferito il 20% dei rifiuti urbani al Nord, contro il 56% al Sud e il 44% al Centro. Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Veneto sono le aree più virtuose (rispettivamente 10%, 7% e 9%); sul lato opposto finiscono in discarica il 93% e il 71% dei rifiuti in Sicilia e in Calabria. 

Gli oneri 
Anche gli oneri medi di raccolta e smaltimento rifiuti urbani evidenziano una profonda eterogeneità: se si considerano i costi in rapporto al peso, a fronte di 31 eurocent/kg di media nazionale, al Sud e al Centro si superano rispettivamente i 34 e i 33 eurocent, mentre il Nord resta sotto i 29. I costi però si abbassano (sensibilmente nel Nord virtuoso) nel segmento della differenziata, salvo che nel Mezzogiorno (24,2 contro una media di 15 eurocent/kg). Inoltre il Sud risulta penalizzato da costi più elevati sia della raccolta/trasporto sia del trattamento/riciclo. Unico stadio della filiera che nel Mezzogiorno può vantare costi più contenuti è quello dello smaltimento, lasciando intendere – alla luce del maggior ricorso alla discarica in queste aree – che questa tipologia di impianto beneficia di condizioni tariffarie più competitive rispetto a soluzioni alternative e preferibili quali il riciclo e il recupero di energia. 


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