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Rimborsi erogati a metà: serve sempre la motivazione

di Luigi Lovecchio

Dall’obbligo di comunicare i fatti che possono innescare una sanzione discende il principio del contraddittorio
Tra le molte disposizioni dimenticate dello Statuto dei diritti del contribuente vi è quella che impone al Fisco di informare il contribuente di qualsiasi fatto o notizia da cui possa derivare il riconoscimento di un minor credito o l’irrogazione di una sanzione. È la regola, di grande civiltà giuridica, prevista nell’articolo 6, comma 2, della legge 212/2000.

La previsione relativa al minor credito appare finalizzata alla richiesta di documentazione integrativa o correttiva, così da consentire di rimuovere una causa ostativa al rimborso. Si è tuttavia dell’avviso che la norma sia in realtà portatrice di una esigenza di carattere generale, volta a prescrivere in ogni caso l’obbligo di motivazione delle ragioni del mancato integrale accoglimento della pretesa restitutoria. Al contrario, è esperienza comune il caso del soggetto passivo che vanta un credito per imposte dirette e si vede rimborsare un importo ridotto senza spiegazioni. Identica sorte subiscono coloro i quali hanno maturato una posizione creditoria verso l’agente della Riscossione (Ader), che pure è destinatario della disciplina recata nello Statuto. Si pensi ai molteplici casi in cui l’agenzia delle Entrate provvede allo sgravio degli importi affidati all’Ader e quest’ultima restituisce solo una parte delle somme indebitamente versate dal contribuente.

Al riguardo, è sorta una ampia casistica giurisprudenziale volta a valutare l’ammissibilità dell’impugnazione del provvedimento che dispone il minor rimborso, quale mezzo per contestare la liquidazione operata dall’ufficio, in assenza di provvedimenti espressi di diniego. Se la prescrizione statutaria fosse di generalizzata applicazione è evidente che un simile problema si semplificherebbe notevolmente. Il Fisco (l’Ader inclusa) dovrebbe in tutti i casi notificare un diniego parziale o quanto meno inviare una informativa preliminare che espliciti i motivi del rigetto, evitando così di mettere il contribuente di fronte al fatto compiuto e di costringerlo in molti casi a una impugnazione “al buio” di un atto di incerta individuazione.

Ma a ben vedere anche la disposizione che impone al Fisco di comunicare fatti potenzialmente suscettibili di generare l’irrogazione di una sanzione si presta a una valorizzazione ad ampio raggio. Ed è ugualmente trascurata dagli uffici.

Potrebbe forse ritenersi ispirata alla regola statutaria la recente iniziativa delle “lettere di compliance” (articolo 1, comma 634, legge n. 190/2014), con cui l’Agenzia informa il contribuente dell’esistenza di eventuali anomalie riscontrate dall’esame della sua posizione tributaria. E tuttavia, se ben intesa, la norma dello Statuto potrebbe anche essere interpretata come un principio di contraddittorio preventivo ad applicazione generalizzata. L’obbligo del contatto preventivo con il contribuente avrebbe così uno spettro operativo molto ampio: per un verso, con riferimento alle fattispecie in cui lo stesso è titolare di una pretesa restitutoria, per altro verso, quando si sia in presenza di fonti di innesco di contestazioni a suo carico. Con buona pace dei contrari arresti della giurisprudenza di vertice.

Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.


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