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L'Imu sulla graticola dell'Ue
La Commissione critica la rivalutazione dei valori catastali e le detrazioni in misura fissa

L’Unione europea critica sull’Imu. Così come congegnata dal governo Monti, l’imposta municipale sugli immobili è poco progressiva e rischia di «incrementare la povertà in Italia». A parte alcuni aspetti di equità, come la detrazione di 200 euro per l’abitazione principale, le ulteriori detrazioni per i figli a carico e le differenti aliquote fissate per la prima e le seconde case, l’Imu presenta infatti molti lati oscuri.

A partire dalla rivalutazione dei valori catastali (incrementati del 60%) che ha sì «avvicinato la base imponibile ai valori di mercato», ma doveva essere attuata in modo più progressivo. E anche le detrazioni avrebbero dovuto essere proporzionali al reddito dei contribuenti e non fisse. A dirlo è la Commissione Ue nel Rapporto 2012 su «Occupazione e sviluppi sociali», un dossier di oltre 400 pagine che lancia uno sguardo a 360° sulle politiche in materia di welfare, lavoro e fisco portate avanti dai paesi membri nell’anno appena trascorso. Uno sguardo parzialmente corretto in serata, dopo che il premier Mario Monti aveva specificato in un’intervista televisiva, di aver introdotto l’Imu su richiesta dell’Unione europea. Jonathan Todd, portavoce del commissario Ue agli Affari sociali, Laszlo Andor, ha precisato intanto che «l’analisi del rapporto riguarda la situazione del 2006, e non la nuova tassa, indica che l’impatto (dell’Ici, allora in vigore e senza esenzione per le prime case, ndr) è stato molto lieve e molto minore della tassa sulla proprietà del Regno Unito». Mentre, per quanto riguarda la nuova Imu, il rapporto «indica semplicemente che la riforma fiscale avrebbe avuto un impatto più progressivo sulla distribuzione dei redditi se avesse spostato la base imponibile dai valori catastali ai valori di mercato» degli immobili, spiega ancora Todd. In effetti, conclude il portavoce Ue, «il governo italiano aveva proposto questa revisione ma la proposta non era stata accettata dal Parlamento italiano».

Una sorta di «arrampicata sugli specchi» che poco sposta in merito ai contenuti del corposo report, che dedica all’Imu un capitolo a parte, definendolo «il caso italiano». Ossia un esempio emblematico di come le raccomandazioni dell’Ue di ridurre il trattamento fiscale di favore (di cui, secondo Bruxelles, ha goduto la proprietà immobiliare fino all’avvento dell’Imu), siano state distorte nella pratica realizzando un’imposta che non elimina le disuguaglianze, anzi finisce per incrementarle.

L’esecutivo comunitario da sempre chiede che le tasse sulla casa in Italia siano calcolate non sui valori catastali ma su quelli di mercato (secondo Bruxelles questo determinerebbe un surplus di entrate fiscali che potrebbe essere usato per ridurre le aliquote marginali). Ma quanto realizzato dal governo Monti, che rivalutando i valori catastali del 60% li ha avvicinati a quelli di mercato, non va nel verso giusto. Perché, secondo la Commissione europea, si può fare di più nell’ottica di incrementare la progressività del tributo.

La delega fiscale. Va detto però, che nelle intenzioni del governo Monti la rivalutazione dei valori catastali doveva essere una soluzione momentanea per rendere la base imponibile dell’Imu più vicina alla realtà rispetto alla vecchia Ici. A regime l’atteso cambio di passo avrebbe dovuto trovare posto nella delega fiscale che infatti dedicava un apposito capitolo alla riforma del catasto nella direzione di una maggiore aderenza ai valori di mercato (sostituzione dei vani con la superficie espressa in metri quadri e diverso valore dell’immobile a seconda della zona in cui si trova e delle caratteristiche costruttive, si veda ItaliaOggi del 27/12/2011). Ma poi, come è noto, la delega fiscale, finita nell’ingorgo di fine legislatura al senato, è stata affossata dal parlamento che ha preferito assegnare al prossimo governo il compito di riformare il fisco italiano.

Il ricorso di Tremonti. La bocciatura di fatto dell’Imu da parte dell’Unione europea va ad aggiungere una freccia in più all’arco di Giulio Tremonti che contro l’Imu ha preparato una vera e propria class action (si veda ItaliaOggi di ieri) con l’obiettivo di portare l’imposta sul tavolo della Consulta. La strategia dell’ex ministro dell’economia prevede due step: la richiesta di rimborso da inoltrare al comune e in assenza di risposte da parte dell’ente il ricorso in Commissione tributaria provinciale. L’ex ministro individua proprio nella rivalutazione della base imponibile, realizzata «senza alcun collegamento con i valori economici reali sottostanti» e senza che siano stati individuati criteri correttivi successivi, il principale vizio dell’Imu montiana.


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