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Fondo rotativo anti-dissesti
Enti locali. Per il decreto legge atteso al prossimo Consiglio dei ministri si pensa a contributi da restituire

È l’idea del fondo rotativo a spianare la strada al «paracadute anti-dissesto» che insieme alla proroga della dichiarazione Imu al 31 ottobre potrebbe rappresentare il piatto forte del decreto enti locali in arrivo al prossimo Consiglio dei ministri. A spingere lo strumento sono gli allarmi sempre più intensi che arrivano dai conti di alcune grandi città, che rischiano di riportare i bilanci comunali sotto i riflettori della cronaca della crisi.
Il meccanismo, che il Governo sta definendo in questi giorni, è quello di un fondo in grado di dare liquidità ai Comuni in difficoltà. Si vuol intervenire prima che sia necessario alzare bandiera bianca, commissariare il Comune e spingere al massimo aliquote dei tributi e tariffe dei servizi. La finanza pubblica, però, di questi tempi non offre pasti gratis e quindi per accedere al fondo il sindaco si dovrà impegnare a restituire il prestito; questa dinamica, nelle intenzioni del Governo, permetterebbe di continuare ad alimentare il fondo, che sarebbe così in grado di intervenire per altri Comuni.
Questo permette di partire con la sola dotazione finanziaria necessaria ad avviare il sistema (la cifra è ancora oggetto di valutazione, e le ipotesi allo studio sono varie); per garantire che il sistema regga, il pacchetto prevederà però forti condizioni per il Comune aiutato. Il via libera ai fondi sarà infatti condizionato alla sottoscrizione di un piano di rientro a tutto campo, che oltre a garantire la restituzione delle risorse prese a prestito imporrà di tagliare la spesa corrente, con un’attenzione particolare a quella di personale (e quindi ai livelli di assunzioni consentiti) e di rientrare dall’indebitamento in eccesso; clausole ad hoc potrebbero riguardare anche l’estinzione dei debiti commerciali.
L’esigenza di correre ai ripari nasce, come accennato, dall’allarme sui conti di alcune città. Tra queste, per le dimensioni del bilancio, primeggia Napoli, dove preoccupa la situazione della cassa: manca ancora all’appello il rendiconto 2011 e il giudizio dei revisori sul preventivo 2012 è severo. I controllori in particolare, oltre a contestare l’applicazione di un avanzo del 2011 la cui esistenza «rischia di essere categoricamente smentita» dalla realtà, chiedono al Comune di fare ordine nei conti varando un bilancio consolidato con quello delle partecipate: un problema non da poco, visto che, sempre secondo l’analisi dei revisori, nelle 22 aziende legate a palazzo San Giacomo (con oltre 9mila dipendenti) cova un debito da 1,3 miliardi di euro, che si aggiunge agli 1,6 miliardi di passivo dell’ente. Anche a Palermo la spia più evidente del problema si è accesa nelle società, a partire dalla Gesip in liquidazione i cui 1.805 dipendenti sono senza stipendio da quando è scaduta la proroga del contratto di servizio. E, da Foggia ad Ancona, senza contare Reggio Calabria, non sono pochi i Comuni sulla graticola.


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