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Per i Comuni costi e problemi non prevedibili

Fonte: Il Sole 24 Ore

Una dilazione in tre rate costerà almeno 5 milioni in più al sistema della finanza comunale ma, soprattutto, aumenterà la confusione contabile e i problemi di liquidità.

Certo, limitandosi ai problemi strettamente del gettito, con un tasso di tesoreria che normalmente si aggira sul’Euribor più 0,50, quei 4,5 miliardi attesi per giugno, se venissero tagliati in tre fette da servire a giugno, luglio e agosto, costerebbero qualcosa: la prima nulla, la seconda 1,57 milioni e la terza 3,15 milioni alle finanze locali. Ma se i versamenti non fossero così vicini, se per esempio gli adempimenti venissero fissati a settembre e novembre i costi complessivi supererebbero gli 11 milioni.

Ma per Guido Castelli, sindaco di Ascoli Piceno e responsabile Anci per la finanza locale, il discorso è decisamente più complesso: «La sensazione che abbiamo è quella che chi ha pensato questi emendamenti non conosca le dinamiche di alimentazione della spesa degli enti locali: la cassa non è un’idea virtuale, ma la possibilità di vivere». Già la possibilità di differire il saldo al 16 dicembre crea problemi ai municipi, se poi aggiungiamo le rate, prosegue Castelli, «rischiamo di aumentare il grado di compromissione degli bilanci e di andare in anticipazione di cassa: per far fronte alle spese correnti dovremo chiedere al sistema bancario liquidità, con un’ulteriore compromissione.

Per noi la cassa è vita, per altre amministrazioni centrali, che agiscono in termini di competenza, il problema è sentito diversamente. Le nostre giacenze sono tutti presso la Banca d’Italia e non possiamo neppure trattare con il tesoriere i tassi, anzi già il fatto di chiedere denaro fa scattare delle penalità, anche se non dipende da noi». Senza contare che i flussi di cassa che cambiano hanno effetti imprevedibili: il 40% della spesa va in personale e dall’Imu arriva il 20%, quindi per pagare puntualmente gli stipendi il mancato gettito in queste dimensioni può veramente creare problemi.

In effetti, si assiste a una situazione curiosa: sono ancora in corso gli aggiornamenti di un tributo nuovo come l’Imu e oggi fanno 4 mesi che la stragrande maggioranza dei comuni vive in esercizio provvisorio. Questo vuol dire che possono fare solo spese corrispondenti a 1/12 della spesa dell’anno precedente. «Navighiamo a vista – chiosa Castelli – e ci mancano risorse e certezze».

Un altro tema, evidenzia Castelli, è la sensazione che a fine anno si dovranno fare conti sui 21 miliardi di gettito previsto: «Ma ci chiediamo: se ci dovesse essere una differenza importante tra stime e gettito reale, per esempio perché molti cittadini potrebbero anche sbagliare nelle dichiarazioni, senza fraudolenza, e il 20 dicembre dovessimo fare i conti con nuove sorprese?».

Ieri, intanto, è uscito sulla Gazzetta ufficiale il Dm dell’economia che aggiorna ai fini Imu i valori dei fabbricati delle imprese di categoria catastale D.


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