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Attuazione della riforma fiscale: il nuovo contenzioso tributario (Parte 7)
La conciliazione giudiziale, disciplinata dall’attuale articolo 48 del Dlgs 546/1992, è un istituto deflativo operante per tutte le controversie tributarie pendenti nel primo grado di giudizio ed è finalizzato a favorire una definizione concordata tra le parti in causa, anche attraverso la fattiva opera di collaborazione e di incentivazione da parte degli organi giudicanti

Con comunicato del 30/10/2015 la rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate rende noto che:

La conciliazione giudiziale, disciplinata dall’attuale articolo 48 del Dlgs 546/1992, è un istituto deflativo operante per tutte le controversie tributarie pendenti nel primo grado di giudizio ed è finalizzato a favorire una definizione concordata tra le parti in causa, anche attraverso la fattiva opera di collaborazione e di incentivazione da parte degli organi giudicanti.

 L’articolo 9, comma 1, lettere s) e t), del Dlgs 156/2015, sostituisce l’articolo 48 del Dlgs 546/1992 con un nuovo testo e introduce i successivi articoli 48-bis e 48-ter, apportando importanti modifiche all’istituto.

L’intervento normativo, nell’intento di superare la criticità legata allo scarso utilizzo della conciliazione giudiziale, dà attuazione ai principi – fissati dall’articolo 10, comma 1, lettera a), della legge di delega 23/2014 – di rafforzamento e di razionalizzazione di tale istituto deflativo.

 Una delle novità più rilevanti concerne l’ambito di applicazione: la conciliazione, attualmente operante solo per le controversie che si trovano nel primo grado di giudizio, è stata estesa anche alle liti nella fase di appello.

Come emerge dalla relazione illustrativa, il legislatore ha escluso l’estensione della conciliazione anche al grado di cassazione, stante la particolare natura di tale giudizio, dal quale sono esclusi gli accertamenti in fatto.

 Un’ulteriore novità riguarda la possibilità di conciliare anche le controversie che ricadono nell’ambito di applicazione dell’istituto del reclamo/mediazione di cui al nuovo articolo 17-bis del Dlgs 546/1992, cioè le cause di valore non superiore a 20mila euro instaurate a seguito di rigetto dell’istanza di reclamo ovvero di mancata conclusione dell’accordo di mediazione.

Non è stata infatti riproposta la disposizione – presente nel vigente articolo 17-bis – che impone l’alternatività tra mediazione e conciliazione, attesa l’esigenza di potenziare gli istituti deflativi sia nella fase anteriore alla instaurazione del giudizio che in pendenza di causa.

 La riforma ha operato anche la riscrittura, sotto il profilo sistematico, della disciplina.

In particolare, i nuovi articoli 48 e 48-bis regolano le due tipologie di conciliazione, rispettivamente, quella “fuori udienza” e quella “in udienza”; il successivo articolo 48-ter detta disposizioni, comuni alle due tipologie di conciliazione, per la definizione e il pagamento delle somme dovute.

 Conciliazione “fuori udienza” (articolo 48)

Il novellato articolo 48 disciplina l’ipotesi in cui le parti in giudizio raggiungano un accordo conciliativo fuori udienza.

È previsto, in questo caso, che le parti presentino un’istanza congiunta, sottoscritta personalmente o dai difensori, per la definizione totale o parziale della controversia.

Se sussistono le condizioni di ammissibilità della conciliazione, il giudice dichiara la cessazione della materia del contendere e, qualora l’accordo riguardi solo una parte della pretesa erariale, dichiara la cessazione parziale della materia del contendere, procedendo all’ulteriore trattazione della causa.

Nello specifico, alla declaratoria della cessata materia del contendere provvede:

La conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione dell’accordo, nel quale sono indicate le somme dovute, con i termini e le modalità di pagamento.

Tale previsione rappresenta una novità rispetto alla disciplina vigente, che invece fa coincidere il perfezionamento della conciliazione con il versamento delle somme dovute, nei termini e con le modalità di legge, senza che assuma rilevanza il momento della sottoscrizione dell’accordo.

In base alla nuova disciplina, l’accordo sottoscritto costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente.

In altre parole, quindi, l’accordo ha efficacia novativa del precedente rapporto. Ciò significa che, a seguito del mancato pagamento delle somme dovute da parte del contribuente, si procederà all’iscrizione a ruolo del credito derivante dall’accordo stesso. Del pari, qualora non si dia esecuzione al pagamento concordato, il contribuente potrà esperire l’azione monitoria davanti al giudice ordinario.

Con riguardo a quest’ultimo profilo, la relativa disposizione è stata riformulata allo scopo di ricomprendere espressamente anche gli accordi che prevedono pagamenti in favore del contribuente, quali quelli riferibili alle controversie sui rimborsi, così da eliminare ogni dubbio interpretativo circa la conciliabilità delle predette liti.

 Conciliazione “in udienza” (articolo 48-bis)

La nuova norma disciplina l’ipotesi in cui l’accordo conciliativo sia raggiunto in udienza.

In tal caso, è previsto che ciascuna delle parti possa presentare, fino a dieci giorni liberi prima della data di trattazione, un’istanza per la conciliazione, in tutto o in parte, della controversia.

All’udienza, la commissione, se sussistono le condizioni di ammissibilità, invita le parti alla conciliazione, potendo concedere anche un rinvio per l’eventuale perfezionamento dell’accordo.

La conciliazione si perfeziona con la redazione del processo verbale, nel quale sono indicate le somme dovute, con i termini e le modalità di pagamento.

Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all’ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente in forza dell’accordo medesimo, alla stregua dell’accordo sottoscritto nella conciliazione “fuori udienza”.

A seguito dell’intervenuta conciliazione, la commissione dichiara con sentenza l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere.

 Definizione e pagamento delle somme dovute (articolo 48-ter)

Il nuovo articolo disciplina il pagamento delle somme dovute per effetto dell’intervenuto accordo conciliativo, nonché le modalità di versamento e di recupero delle somme non versate.

Le regole così previste si applicano sia alla conciliazione “fuori udienza” che a quella “in udienza”.

Occorre evidenziare che, allo scopo di incentivare il ricorso all’istituto in questione, è stata rideterminata la misura delle sanzioni dovute a seguito dell’accordo conciliativo.

 Va premesso che, in base all’attuale disciplina, in caso di avvenuta conciliazione – possibile, come già detto, solo in primo grado – le sanzioni si applicano nella misura del 40% delle somme irrogabili in rapporto all’ammontare del tributo conciliato e, in ogni caso, in misura non inferiore al 40% dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.

La nuova normativa prevede, invece, l’applicazione del beneficio della riduzione delle sanzioni al 40% del minimo previsto dalla legge, qualora l’accordo intervenga in primo grado di giudizio; la percentuale è elevata al 50% se la conciliazione avviene in appello.

Il nuovo criterio di irrogazione della sanzione, basato sul minimo previsto dalla legge, è lo stesso utilizzato per i casi di conclusione dell’accordo di mediazione, fatta salva la diversa percentuale (ridotta, per la mediazione, al 35%).

 Il versamento delle somme dovute o, in caso di rateizzazione, della prima rata va effettuato entro venti giorni da quando è stato sottoscritto l’accordo (conciliazione “fuori udienza”) o da quando è stato redatto il processo verbale (conciliazione “in udienza”).

Nel caso in cui il contribuente non paghi le somme dovute entro il previsto termine o, in caso di rateizzazione, non versi una delle rate, compresa la prima, entro il termine di pagamento della rata successiva, si procede all’iscrizione a ruolo delle residue somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione per omesso versamento, prevista dall’articolo 13 del Dlgs 471/1997, aumentata della metà e applicata sull’importo residuo dovuto a titolo di imposta.

Si evidenzia come il regime punitivo risulti mitigato dalla riforma, posto che nell’attuale disciplina la sanzione di cui all’articolo 13 del Dlgs 471/1997 si applica invece in misura doppia sul residuo importo.

Per il versamento rateale delle somme dovute si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per l’accertamento con adesione dall’articolo 8 del Dlgs 218/1997.


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