MAGGIOLI EDITORE - Ufficio Tributi


LÂ’insostenibile pesantezza dellÂ’ordinamento fiscale in materia di imposte

L’imposizione sul reddito delle persone fisiche dovrebbe essere guidata da semplici e chiare normative da applicare. Tanto guadagni e tanto paghi come imposizione sul reddito, con la progressività garantita dalla Costituzione.

            Già il TUIR, approvato nel lontano 1986 non è un testo di facile ed immediata attuazione, ma visto che è alquanto datato, risulta estremamente chiaro e, soprattutto, già digerito da generazioni di sostituti di imposta, studi commercialisti e via discorrendo.

            Ora, attualmente, si sta arrivando ad una saturazione di aliquote e normative applicabili, riferite alla stessa tipologia di reddito. Difatti, dal 1998-1999 il Governo Italiano pensò in tutta professionalità di istituire due addizionali all’IRPEF, una regionale e l’altra comunale.

            Passi quella regionale che, trattandosi di sole 21 regioni (comprese le due province autonome di Trento e di Bolzano) è abbastanza gestibile ma, quella comunale è al limite della follia normativa.

Abbiamo in Italia, per tradizioni storiche soprattutto, un numero elevato di amministrazioni comunali che variano da un minimo di cinquanta abitanti, come Moncenisio, in Piemonte, a città molto popolose come Roma e Napoli.

            Ora, prevedere che ogni comune ha la facoltà di introdurre l’addizionale comunale all’IRPEF non solo come aliquota unica, ma anche differenziando l’imposizione per scaglioni di reddito, considerando un numero di 3000 comuni che adottano tale tipologia di imposizione, e in circa 2000 comuni che adottano un’aliquota unica, si traduce in circa 17 mila aliquote diverse di IRPEF che portano realmente ad una grande complicazione gestionale, di cui non se ne sente realmente il bisogno, specie in questo periodo di burrasche economiche.

            L’obiezione più rilevante che può essere mossa a questa critica è che il tributo comunale si applica solo sui residenti nel comune interessato, e, per tale ragione, l’ambito di applicazione è territorialmente circoscritto; questo è vero se rimandiamo la storia indietro di circa mille anni per tornare ad un economia curtense con limitatissime possibilità di movimento dei lavoratori.

            Ora, per fortuna, le persone hanno la possibilità di trovare lavoro anche al di fuori della cinta del comune di residenza fisica e questo obbliga i sostituti di imposta a tenere conto delle molteplici aliquote applicate dai comuni, al fine di ottemperare in maniera corretta all’imposizione fiscale.

            Ad esempio, se consideriamo una piccola impresa con venti addetti, che abitano in due regioni distinte e risiedono in dieci comuni, chi gestisce le ritenute alla fonte dell’impresa considerata, dovrà fare la dovuta attenzione, se le regioni ed i comuni hanno stabilito le multi aliquote, a circa 60 aliquote irpef da applicare.

            Forse occorrerebbe mettere uno stop a questa situazione che, a nostro parere, è uno degli ostacoli, unito a tanti altri, che ostacolano l’ingresso di imprese estere nel nostro paese.

            Cosa porta ad investire in industrie, società se occorre tenere a bada un sistema fiscale sull’orlo di una crisi di nervi?

            Dimenticavamo che, oltre alle aliquote, chi gestisce le ritenute alla fonte deve tenere conto anche delle eventuali soglie di esenzione stabilite da ogni comune nell’ambito della propria autonomia tributaria che, alle volte, sono estremamente complesse da attuare.

            Occorre semplificare e sacrificare la cosiddetta autonomia tributaria dei comuni sull’IRPEF ai più alti interessi della semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.

            Quali soluzioni?

Delle due l’una: o abolire l’addizionale comunale all’IRPEF, o, se proprio si vuole mantenere questo tipo di imposizione, almeno obbligare i comuni ad adottare, ove istituiscano il tributo, un’aliquota unica su tutti i redditi, – 0,2/0,3….. –  ovvero una misura fissa sugli scaglioni di reddito come nell’esempio seguente, valide per tutti i comuni del nostro Paese.

 

0,2 %

Applicabile a scaglione da euro 0,00 fino a euro 15.000,00

0,3%

Applicabile a scaglione oltre euro 15.000,00 fino a euro 28.000,00

0,4%

Applicabile a scaglione oltre euro 28.000,00 fino a euro 55.000,00

0,5%

Applicabile a scaglione oltre euro 55.000,00 fino a euro 75.000,00

0,6%

Applicabile a scaglione oltre euro 75.000,00

 

In tal modo, i sostituti di imposta saprebbero subito cosa applicare senza perdere tempo e denaro per  controllare quale aliquota i comuni hanno adottato e se hanno deciso di introdurre soglie di esenzione fantasiose.

Il sistema Italia ne trarrebbe senz’altro giovamento e, con una semplificazione gestionale di tal fatta si potrebbe ottenere, ove si realizzano contemporaneamente altre condizioni, un miglioramento delle possibilità per gli stranieri di entrare a far parte del sistema imprese italiane.

A volte, un federalismo spinto all’estremo porta danni e non benefici.


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