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Il Punto di S. Zammarchi - Applicazione delle agevolazioni se il comune conosce in maniera inequivocabile la specifica condizione
In questi giorni sta facendo scalpore la decisione assunta dalla Corte di Cassazione con la Sentenza n. 18453 del 21 settembre scorso. Con tale verdetto, i giudici con l’ermellino, hanno accolto il ricorso presentato da una società, a seguito della notifica, da parte del Comune di Verbania, di avviso di accertamento per recupero della minore imposta I.C.I. versata su un fabbricato inagibile di sua proprietà.

In questi giorni sta facendo scalpore la decisione assunta dalla Corte di Cassazione con la Sentenza n. 18453 del 21 settembre scorso. Con tale verdetto, i giudici con l’ermellino, hanno accolto il ricorso presentato da una società, a seguito della notifica, da parte del Comune di Verbania, di avviso di accertamento per recupero della minore imposta I.C.I. versata su un fabbricato inagibile di sua proprietà.
L’ente impositore aveva negato l’applicazione dell’abbattimento nella misura del 50%, spettante ai fabbricati considerati inagibili, a norma dell’art. 8, comma 1, del d. Lgs. n. 504/92, esteso poi anche all’IMU, stante l’assenza della dichiarazione di inagibilità che, ai sensi della richiamata disposizione normativa, può essere presentata in conformità alla Legge 4 gennaio 1968, n. 15, in alternativa all’accertamento da  parte dell’ufficio tecnico comunale, con una perizia a carico del proprietario.
Con la pronuncia in parola, la Suprema Corte si pone a favore del contribuente, sostenendo che il Comune aveva conoscenza piena delle condizioni in cui si trovava il fabbricato oggetto di accertamento. In particolare i giudici di legittimità affermano: “Infatti, al contrario, era perfettamente noto al Comune di Verbania che l’immobile fosse in condizioni di grave inagibilità considerato che lo stesso Comune, scaduta la concessione edilizia in data 28/7/1998, non aveva concesso alcun permesso edificatorio sicché nessun intervento edilizio poteva essere eseguito.”
I giudici di Piazza Cavour hanno giustificato il proprio orientamento richiamando i principi di collaborazione e buona fede contenuti nello Statuto dei diritti del contribuente (Legge 27 luglio 2000, n. 212), con particolare riferimento all’articolo 10, comma 2. Tali principi devono “improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente”, cosicché il Comune non deve richiedere al contribuente “la prova dei fatti documentalmente noti all’ente impositore”.  A difesa della direzione seguita, la Cassazione rammenta la precedente pronuncia del 10 giugno 2015, emessa con la Sentenza n, 12015, con cui ha statuito che “In tema di ICI, qualora l’immobile sia dichiarato inagibile, l’imposta va ridotta, ai sensi dell’art. 8, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nella misura del 50 per cento anche in assenza di richiesta del contribuente poiché, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente, a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune“.

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