Notice: Undefined variable: isCorsoProtected in /var/www/html/wp-content/themes/spare-child/header.php on line 36 L’Imu-capestro sui macchinari - Ufficio Tributi

L’Imu-capestro sui macchinari

Fonte: Il Sole 24 Ore

Rendite catastali che possono schizzare fino al 913 per cento. Con Imu finale da pagare che potrebbe facilmente raddoppiare se solo l’agenzia delle Entrate considerasse il valore vero degli impianti industriali. Con le imprese che faticano a stare a galla, l’ultima trovata del Fisco è la tassa sui cosiddetti “imbullonati”, i macchinari che le imprese usano e che, affinché non si muovano, devono essere fissati al suolo. Così facendo, però, diventano (possono fiscalmente diventare) beni immobili e allora il Fisco non crede ai suoi occhi. Tanto che se sono una decina i casi di accertamenti tra Modena e Reggio, in Italia diventano centinaia. 

Nel reggiano – dove ha sede parte di quel distretto ceramico che con Modena sviluppa ricavi vicino ai 5 miliardi, dà lavoro a 20mila addetti ed esporta il 75% della produzione – le cose vanno così: se l’azienda rifà, ad esempio, lo spogliatoio, ovviamente il geometra deve presentare il Docfa, i funzionari dell’ex agenzia del Territorio possono fare il sopralluogo e intanto che ci sono danno un’occhiata ai macchinari(presse, forni, atomizzatori) e vedendoli fissi al suolo accatastano. L’unica diventa quella di non finire nell’elenco dei controlli, altrimenti l’azienda diventa una prateria di gettito potenziale in cui correre. L’Atlas Concorde di Reggio Emilia è finita nel mirino nel 2013, è arrivato l’avviso di accertamento, ma un mese fa il fisco si è rifatto vivo chiedendo l’elenco dei beni con il valore di acquisto. «Quel che fa rabbia – spiega il direttore finanziario Stefano Barchi – è che se fossimo in provincia di Modena le cose andrebbero diversamente». Perché la cosa incredibile è che l’accertamento ha un valore a Reggio ma ne può avere un’altro a Modena o a Brescia con tanti saluti al buonsenso prima e al diritto costituzionale poi, senza neppure passare dal simulacro dello Statuto del contribuente. Peraltro l’azienda ha fatto ricorso contro il primo accertamento ma la commissione tributaria di primo grado di Reggio Emilia ha dato ragione al Fisco e ora le carte stanno in appello. Con poche speranze, però, perché la Cassazione, a inizio anno, su un caso verificatosi in provincia di Trento, ha dato ragione al fisco (sentenza 3166/2015): la smontabilità della macchina non è requisito indispensabile affinché un impianto sia considerato mobile, hanno spiegato i giudici, dal momento che va anche considerato l’apporto del macchinario in relazione alla valorizazzione dell’immobile. Ecco perché a questo diventa urgente che fisco dica con chiarezza quale impianto va considerato mobile e quale immobile, quali sono le caratteristiche che lo rendono tale, per dare un minino di certezza al diritto tributario. «Attualmente – spiega ancora Barchi – paghiamo 2 milioni di Imu all’anno e gli impianti valgono circa 50mila euro perché i valori riconosciuti agli impianti sono modesti; ma se si ragiona sul prezzi di acquisto, come ora stanno facendo le Entrate, per il costo dell’Imu potremmo anche raddoppiare. Peraltro un’altra azienda del nostro gruppo, la Refin, ha ricevuto la visita e siamo in attesa dell’accertamento». Alla Coem di Castellarano, invece, hanno avuto la malaugurata idea di trasformare un magazzino in sito produttivo: solito Docfa, solita e visita e accertamento con un incremento della rendita catastale del 19 per cento: Il caso che, portato da Confindustria all’attenzione del Governo, avrebbe fatto dire al presidente del Consiglio Matteo Renzi che «la cosa non stava né in cielo nè in terra». Ovunque stia, peserà sulle casse dell’azienda: «Se paghiamo? Per ora aspettiamo – spiega l’ad di Coem Daniela Selmi – e se la norma non cambia faremo ricorso».

E la rettifica del 19% è “niente” (anche se gli spazi occupati sono grandi) rispetto al 913% che si è verificato per lo stabilimento Versalis di Ravenna (gruppo Eni) e il sito, sempre Eni e sempre a Ravenna, di Ecofuel (860%); segno dell’elevato valore intrinseco dell’apparato produttivo e, soprattutto, della difficoltà di pensare come mobile una linea produttiva dalle dimensioni imponenti e dalla complessa spostabilità. E da Eni fanno sapere che, specie su Versalis, si stanno facendo approfondimenti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *