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Split payment senza rettifiche
Iva/1. La circolare 15 delle Entrate chiarisce che tocca all’amministrazione qualificare la quota di servizi «istituzionale»

Istruzioni sullo split payment ad ampio raggio: rapporti con il reverse charge, esenzioni dall’obbligo, correlazione con la fattura Pa, differenziazione degli adempimenti a seconda della destinazione delle fatture all’attività istituzionale o commerciale, verifiche dei Durc e così via.

La circolare 15 dell’agenzia delle Entrate ribadisce in primo luogo che la scissione dei pagamenti riguarda le fatture emesse dal 1° gennaio 2015 (e pagate successivamente a tale data) a fronte di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate nei confronti di pubbliche amministrazioni; resta dunque confermato che non si applica lo split payment sulle fatture datate 2014 ma protocollate nel 2015.

Fanno eccezione alla regola generale le operazioni per le quali la Pa non effettua materialmente alcun pagamento, dal momento che il fornitore ha già nella propria disponibilità il corrispettivo, che trattiene a suo favore; ciò avviene, ad esempio, nel caso della riscossione delle entrate, che vengono poi riversate all’ente pubblico al netto dell’aggio maturato.
La deroga più rilevante circa l’applicazione dello split payment riguarda in ogni caso gli acquisti per i quali torna applicabile il reverse charge. Tenuto conto che tale meccanismo fa riferimento ai soli acquisti effettuati nell’esercizio di attività commerciali, e considerato che i fornitori dei servizi assoggettati a reverse charge (tra i quali, tipicamente, le prestazioni di pulizia) non sono tenuti a conoscere la destinazione delle prestazioni rese agli enti pubblici, spetta a questi ultimi rendere nota la quota parte di servizi destinati ad attività commerciali, sulla quale va applicato il reverse charge, rispetto alla quota parte destinata ad attività istituzionali, sulla quale torna invece applicabile lo split payment.

Come anticipato dalla circolare 14/15 in tema di reverse charge, la ripartizione va fatta in base a criteri oggettivi, e avverrà inevitabilmente su base preventiva (presumibilmente annuale), senza peraltro che vi sia alcuna concreta possibilità di rettifica a posteriori.

Un’ulteriore ripartizione è poi richiesta dalla circolare 15/15 a seconda della destinazione degli acquisti (diversi da quelli da assoggettare a reverse charge) all’attività istituzionale o a quella commerciale. Ancora una volta si tratta di una ripartizione che va effettuata sulla base di criteri oggettivi, in via previsionale e senza conguaglio a posteriori. Dopodiché, a fronte degli acquisti commerciali, gli enti pubblici devono annotare il debito per Iva (corrispondente all’imposta non versata ai fornitori) su di un registro Iva delle vendite (o dei corrispettivi), le cui risultanze (a debito) confluiranno nella liquidazione periodica.

Quanto invece agli acquisti destinati all’attività istituzionale, la circolare 15/15 non fornisce precisazioni sulle modalità di rendicontazione delle somme da trattenere ai fornitori, e da riversare all’erario; essa si limita a ribadire le modalità di versamento già indicate dalla risoluzione 15/15 del 12 febbraio, confermando che resta esclusa per gli enti pubblici la possibilità di compensare l’importo dell’Iva splittata a fronte dell’attività istituzionale con altri crediti d’imposta maturati dagli stessi enti.

Novità assoluta è invece l’esclusione da split per le proloco e le associazioni ex lege 398/91 che applicano regimi speciali i quali, pur prevedendo l’indicazione dell’Iva in fattura, richiedono l’applicazione di un meccanismo forfettario di quantificazione della detrazione. 

Nuove sono inoltre le previsioni di esclusione dallo split per le fatture semplificate e per le fatture emesse successivamente alla certificazione con scontrino, al solo fine di documentare il costo (e l’Iva) pagato dall’ente pubblico cliente. 


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