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Tagli di spesa, un piano in 7 mosse
Costi standard per gli enti locali, stretta sulle partecipate, razionalizzazione degli immobili

Un’operazione in sette mosse. È quella indicata, seppure soltanto sotto forma di linee guida, dal Def che sarà varato venerdì dal Governo per realizzare nel 2016 la spending review da almeno 10 miliardi (0,6 punti di Pil). Nel mirino ci sono anzitutto Regioni ed enti locali, per i quali verrà estesa la cura a base di costi e fabbisogni standard nonché di pubblicazione delle performance delle singole amministrazioni. Sarà poi portato a termine lo sfoltimento della giungla delle partecipate con un intervento su vasta scala, a cominciare dalle società di trasporto pubblico locale e della raccolta rifiuti. Anche il “centro” dovrà fare la sua parte: il Governo punta molto sui risparmi dalla razionalizzazione degli immobili pubblici (dagli spazi utilizzati per gli uffici agli affitti) e sull’attuazione della riforma della Pa, attualmente all’esame del Senato, a partire dalla “potatura” di molte strutture periferiche. Le sedi delle prefetture, ad esempio, dovrebbero scendere a quota 40-70 rispetto alle attuali 110. Sarà poi completato il processo di centralizzazione degli acquisti di beni e servizi. Gli altri tre capitoli interessati dalla nuova spending sono l’ulteriore stretta sulle pensioni d’invalidità, il riordino delle tax expenditures e degli incentivi alle imprese.

Due interventi, questi ultimi, che dovrebbero garantire 3-3,1 miliardi, ovvero quasi un terzo dei 10 miliardi quantificati come obiettivo minimo dal Def per la nuova revisione della spesa. Sul fronte del riordino delle tax expenditures, dal quale potrebbero essere ricavati fino a 1,5 miliardi, lo stesso Def conferma l’arrivo del cosiddetto “tagliando annuale” per indentificare gli sconti fiscali non giustificati o che «costituiscono una duplicazione» con l’obiettivo di eliminarli o riformarli.

Sulla questione degli incentivi alle imprese stanno già lavorando da alcune settimane a Palazzo Chigi Yoram Gutgeld e Roberto Perotti. Che hanno il compito d’individuare, d’intesa con il ministero dell’Economia, le proposte operative d’intervento da sottoporre al premier Matteo Renzi per dare operatività alla nuova spending con la prossima legge di stabilità, peraltro destinata a confluire direttamente nella legge triennale di bilancio.

Gutgeld e Perotti stanno monitorando con attenzione anche il capitolo dei trasferimenti e dei sussidi al trasporto pubblico. Grazie alla nuova unità di valutazione, citata anche dal Def, saranno poi puntati i riflettori sulla cosiddetta spesa improduttiva per investimenti, compresa quella per le opere pubbliche al palo. Proprio dagli interventi di riorganizzazione della pubblica amministrazione, dal rafforzamento del sistema delle centrali uniche per gli acquisti di beni e servizi, imperniato su Consip, e dalla stretta sulle partecipate dovrebbero arrivare 4-5 miliardi.

In ogni caso il Governo conta di ricorrere, come hanno lasciato intendere Renzi e Padoan, a tagli non invasivi. Anche perché una spending troppo accentuata rischierebbe di avere una ricaduta recessiva in contrasto con la politica economica del Governo che è orientata a irrobustire la ripresa. Una ripresa che, si afferma nel Def di cui martedì il Governo ha avviato l’esame, porterà «un deciso recupero dell’occupazione nel prossimo triennio». Il quadro programmatico prevede un tasso di disoccupazione in calo al 12,3% quest’anno (contro il 12,7% del 2014) per poi scendere ulteriormente all’11,7% nel 2016, all’11,2% nel 2017 per arrivare al 10,5% nel 2019.
Ma l’operazione spending review non si annuncia tutta in discesa. Renzi ha garantito che non ci sarà un nuovo intervento pesante sugli enti locali. Ma i sindaci sono allarmati. Questa mattina ci sarà un incontro tra il Governo e l’Anci. Ma anche la bozza di Pnr parla chiaro: sul fronte di Comuni, regioni e aziende sanitarie, «che rappresentano circa due terzi della spesa corrente al netto dei trasferimenti alle famiglie e spesa per interessi» si provvederà ad «allineare le regole del Patto di stabilità interno a quelle europee», a «utilizzare i sistemi di costi standard e fabbisogni standard (o livelli di servizio) per determinare le risorse disponibili alle singole amministrazioni» e a «rendere disponibili “on line” e facilmente consultabili i dati di performance e di costo delle singole amministrazioni».
La scure calerà sulle amministrazioni centrali, ministeri in primis. E non solo attraverso l’attuazione della riforma della Pa targata Madia. Tra le priorità indicate dalla bozza di Pnr c’è infatti la «revisione approfondita e analitica» dei circa 10mila capitoli di spesa verificandone l’utilità ed efficienza di spesa».


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