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Bologna vince la gara della riscossione
A Cosenza record di mancati incassi - E il nuovo Patto di stabilità prova a premiare i più efficienti

Le multe sono una delle principali cause di malumore nei rapporti fra cittadini e Comune, e forse anche per questo rappresentano uno dei fronti più caldi di un problema più generale: quello della riscossione effettiva delle entrate che i sindaci mettono nei loro bilanci.

Schiacciata fra la crisi che certo non aiuta la propensione al pagamento da parte dei cittadini e norme contraddittorie che alzano ostacoli continui, il ritmo della riscossione locale zoppica sempre di più e, nei Comuni in cui l’incertezza delle regole incontra inefficienze più o meno storiche, la situazione si fa esplosiva. Ogni cento euro chiesti agli automobilisti, in media circa 40 mancano all’appuntamento nel corso dell’anno, e solo una parte viene recuperata con la riscossione coattiva negli anni successivi: ma proprio questa è l’attività più a rischio inciampi, perché la riforma avviata nel 2011 (quella che “prometteva” l’uscita di Equitalia dalla riscossione locale) e mai completata ha moltiplicato le incertezze.

Mentre si fatica a sbrogliare la matassa delle nuove regole, la riforma dei bilanci locali e del Patto di stabilità ha acceso la luce sul problema delle entrate, con l’obiettivo di premiare i Comuni nei quali la macchina della riscossione è comunque più efficiente: la strategia, evidentemente, punta anche a scuotere le amministrazioni più impacciate, costringendole a premere davvero sull’acceleratore degli incassi, magari disturbando abitudini consolidate (con le conseguenze elettorali del caso), senza aspettare aiuti dal centro per rimediare.

Per distribuire questi premi (in termini di sconti sul Patto di stabilità) è stato creato un indice sintetico, che misura la capacità di riscossione delle entrate proprie nei cinque anni dal 2008 al 2012. L’indicatore conteggia anche gli incassi degli arretrati di anni precedenti, ma nonostante questo mostra cifre preoccupanti, soprattutto a Sud. Guardando ai cento Comuni più grandi d’Italia, l’indice più basso fra i capoluoghi si incontra a Cosenza, dove in cinque anni il Comune è riuscito a incassare solo il 57% delle entrate proprie, ma è quasi tutta la Calabria ad arrancare, con Reggio Calabria al penultimo posto con il 61,9% e Lamezia Terme al terzultimo con il 69,9%. Che il problema sia più intenso a Sud è noto: eppure basta spostarsi a Messina per incontrare un indice al 100%, uguale a quello dei capoluoghi emiliani che tradizionalmente primeggiano nella riscossione.

Fra le città più grandi, infatti, solo Bologna centra il 100% di incassi effettivi nei cinque anni, Bari e Venezia si fermano un soffio più in basso (rispettivamente 99,5% e 99,4%) mentre Milano arriva al 92,4%. Più in basso si fermano Roma, che comunque stacca di molto Napoli.

Questi numeri serviranno a distribuire una parte delle richieste del Patto di stabilità, e finiranno quindi per lasciare più libertà d’azione ai Comuni che incassano meglio le proprie entrate. La logica è stringente, perché per spendere senza creare deficit non bastano gli accertamenti sulla carta, ma servono gli incassi veri: per sfruttare queste opportunità, però, è indispensabile anche che le riforme, da quella del Patto a quella della riscossione, arrivino in fretta al traguardo.


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