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IMU: posti barca in categoria catastale “D”, assoggettabili all’imposta

La Cassazione ha affermato che i posti barca devono essere accatastati in categoria D e sono quindi soggetti al pagamento dell’IMU (fattispecie relativa agli anni 2012 e 2013).

Con la decisione n. 8141 del 23/03/2021 la Cassazione ha affermato che i posti barca devono essere accatastati in categoria D e sono quindi soggetti al pagamento dell’IMU (fattispecie relativa agli anni 2012 e 2013).

Nel caso in questione il giudizio di merito si concludeva sfavorevolmente per una società di gestione di posti barca, la quale aveva richiesto il rimborso dell’imposta versata per gli anni 2012 e 2013, ricevendo il diniego da parte del Comune.

Il contribuente eccepisce che la decisione impugnata ha ritenuto suscettibili di essere censiti al catasto gli specchi d’acqua antistanti i posti barca, contestando che gli stessi possano essere assoggettati all’IMU.

Il ricorso viene respinto dalla Cassazione, la quale ha già avuto occasione di affermare che “correttamente l’Amministrazione ha proceduto al classamento dei posti barca attribuendo ai beni la categoria D in conformità alle circolari ministeriali che avevano istituito un nuovo classa mento riferito ai posti barca in porti turistici e stabilimenti balneari”, precisando altresì che era “infondata la censura sulla indebita valorizzazione dello specchio acqueo e del costo di costruzione del posto barca che, invece, correttamente, è stato valutato in quanto “nel calcolo del valore catastate di un porto turistico vanno ricompresi anche gli specchi d’acqua antistanti al porto ed ai singoli posti barca, i quali sono censibili catastalmente in ragione della loro stabile autonomia funzionale e reddituale” (Cass. 7868/2016, Cass. 15198/2016, Cass. 23681/2020).

Inoltre la Cassazione ha più volte chiarito che “in tema di ICI, sono assoggettate al pagamento dell’imposta in quanto non classificabili in categoria E, le aree c. d. scoperte che risultino indispensabili al concessionario del bene demaniale per lo svolgimento della sua attività, atteso che il presupposto dell’imposizione è che ogni area sia suscettibile di costituire un’autonoma unità immobiliare, potenzialmente produttiva di reddito” (Cass. n. 10031 e 10032 del 2017,  Cass 10287/2019, Cass 34657/2019).

Peraltro nel caso di specie non può trovare applicazione l’art. 1, comma 578, della 1. n. 205 del 2017, secondo cui le banchine, le aree portuali scoperte ed i relativi depositi strettamente funzionali alle operazioni ed ai servizi portuali non doganali costituiscono immobili a destinazione particolare, da censire in catasto nella categoria E/1 (anche se affidati in concessione a privati), trattandosi di disposizione espressamente valevole solo a partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. Cass 34657/2019).

Si coglie l’occasione per ricordare che il D.L. 104/2020 è intervenuto sulla disciplina delle banchine e aree scoperte portuali prevedendo che “In deroga all’articolo 1, comma 745, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, per gli atti di aggiornamento di cui al presente comma presentati entro il 31 dicembre 2020, le rendite catastali rideterminate in seguito alla revisione del classamento degli immobili nel rispetto dei criteri di cui al comma 578 hanno effetto dal 1° gennaio 2020”. Pertanto, le variazioni di categoria catastale presentate ad esempio il 30 marzo 2020, che avrebbero prodotto effetti fiscali dal 1° gennaio 2021, con la modifica apportata dal D.L. 104/2020 hanno invece efficacia dal 1° gennaio 2020.

IMU Imposta Municipale Propria - Manuale operativo

IMU Imposta Municipale Propria - Manuale operativo

L'anno 2020 è un anno ricco di novità per i tributi comunali.

Oltre alla nuova IMU ed all'introduzione dell'accertamento esecutivo anche per i tributi comunali, il legislatore è intervenuto su vari fronti, al fine di sistematizzare la disciplina di riferimento, benché non sembri individuarsi un percorso logico lineare.

Ne è un esempio, tra i tanti, la modifica ai termini di presentazione della dichiarazione IMU consuma con il DL n. 34 del 2019, che ha spostato, solo per gli anni d'imposta 2018 e 2019, il termine di presentazione al 31 dicembre, modifica di cui si fa fatica ad individuare le ragioni logico-giuridiche, non essendo neanche possibile considerare tale spostamento come una semplificazione a favore del contributo.

In generale, si rileva un orientamento legislativo volto a pretendere sempre di più dai Comuni, sanzionandoli pesantemente in caso di omissione o ritardi.

Basti pensare al regime di consiglio delle delibere tributarie comunali che, se non inviato al Ministero delle Finanze entro 14 ottobre 2020, diventano inapplicabili, anche se approvate dal comunale nei termini.

Ritardare o dimenticarsi di inviare la delibera può quindi costare centinaia di milioni di euro; una sanzione eccessiva, e sicuramente irragionevole, per una dimenticanza.

Il quadro normativo poi sarà destinato a mutare ancora nel 2021 con l'introduzione del Canone Unico, sostitutivo dei prelievi sulla pubblicità e sull'occupazione del suolo pubblico.

A complicare il quadro di riferimento, in cui devono operare gli uffici tributi comunali, c'è anche il significativo contributo della giurisprudenza, che non riesce sistematicamente a fornire una soluzione immediata e certa ai dubbi interpretativi, e questo favorisce il proliferare del contenuto, oltre al fatto che occorre attendere mediamente un vedere per vedere conclusa una causa tributaria.

 

Pasquale Mirto
Dirigente del Settore Entrate dell'Unione Comuni Modenesi Area Nord. Direttore scientifico della rivista Finanza e Tributi Locali. Collabora con Anci Emilia-Romagna ed IFEL ed è autore di numerosi articoli e pubblicazioni in materia di tributi comunali. Già membro del Comitato di Gestione dell'Agenzia delle Entrate, nominato su designazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

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Pasquale Mirto, 2020, Maggioli Editore
85.00 €


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