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Presunzioni Tari in linea con le direttive comunitarie

di Sergio Trovato

Le stime e le presunzioni in materia di Tari non violano i principi comunitari. È legittima la scelta del comune di Bologna di avvalersi di un sistema presuntivo per la determinazione della tassa rifiuti. Il contribuente non può pretendere di pagare sulla base dei rifiuti prodotti e conferiti al servizio pubblico, nonostante come asserito l’attività economica produca rifiuti in misura corrispondente a un sedicesimo rispetto al parametro utilizzato dell’amministrazione. Lo ha stabilito il Tar Emilia Romagna, seconda sezione, con la sentenza 214 dell’8 marzo 2021. Per i giudici amministrativi, è consentito alle amministrazioni comunali di «mantenere in essere il sistema tariffario presuntivo che prescinde dal numero degli occupanti». Il comune «può commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifi uti prodotti per unità di superficie». E questo sistema «non appare in contrasto con l’ordinamento euro unitario». La Corte di giustizia europea, la cui interpretazione è stata richiamata nella sentenza, ha chiarito che nulla osta al finanziamento del servizio di gestione e smaltimento dei rifi uti urbani fondato su una «tassa calcolata sulla base di una stima del volume di rifiuti generato dagli utenti di tale servizio», anziché sul «quantitativo di rifiuti da essi effettivamente prodotto e conferito». Dunque, il presupposto e i criteri di calcolo della Tari non sono in contrasto con le regole europee. Ancora oggi, infatti, il metodo di quantificazione del tributo è basato sulla superfi cie dell’immobile posseduto che, di per sé, non è contrario al principio comunitario «chi inquina paga». L’unico limite posto dalla Corte di giustizia alle autorità nazionali è che le leggi dei singoli Stati non prevedano presunzioni assolute sulla produzione di rifiuti e che consentano sempre ai contribuenti di poter fornire la prova contraria. Secondo i giudici europei (sentenza 551/2013), inoltre, non è in contrasto con le direttive comunitarie la normativa nazionale che esclude che un’impresa possa smaltire in proprio i rifiuti prodotti. Del resto, il diritto dell’Unione non impone agli Stati membri un metodo particolare per il finanziamento del costo della gestione dei rifiuti. La copertura dei costi può essere assicurata da una tassa, un canone o con qualsiasi altra modalità. Tra l’altro, la tassa può essere calcolata su una stima del volume dei rifiuti. Quello che conta è che non ecceda quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito. E la normativa italiana è in linea con questi precetti. Tant’è che le varie discipline che si sono succedute in materia di smaltimento rifi uti hanno in comune il vincolo che le entrate derivanti dalla tassa siano finalizzate solo a coprire i costi del servizio. Le cause di esenzione, totale o parziale, devono essere previste dalla legge. L’autosmaltimento, il recupero o il riciclo esonerano dal prelievo solo nei casi in cui sia espressamente disposto.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.

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