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Imu statale sulle imprese con «buco» normativo

Fonte: Il Sole 24 Ore

La risposta del ministero dell’Economia in merito al gettito Imu 2013 dei fabbricati rurali, data alla manifestazione Telefisco 2013 (si veda Il Sole 24 Ore del 1° febbraio 2013), complica ancor di più l’incerto quadro normativo dell’imposta, aprendo la strada a possibilità interpretative ed applicative che sarebbero pericolose per le entrate dello Stato.
La legge di stabilità ha modificato per il 2013 le regole di riparto tra Stato e Comuni del gettito Imu. L’articolo 13, comma 11 del Dl 201/2011, che attribuiva allo Stato la riserva di una quota dell’imposta pari alla metà dell’importo dovuto ad aliquota di base di tutti gli immobili, ad eccezione dell’abitazione principale e delle pertinenze, oltre che dei fabbricati rurali ad uso strumentale, è stato soppresso.
Il gettito Imu verrà incassato tutto dai Comuni, fatta eccezione per i fabbricati di categoria D, per i quali è prevista la riserva allo Stato del gettito calcolato applicando l’aliquota standard dello 0,76 per cento. È lasciata comunque la possibilità ai Comuni di aumentare sino a 0,3 punti percentuali l’aliquota, riservandosene il gettito.
Nel ridisegnare il nuovo riparto tra Stato e Comuni il legislatore non è però intervenuto con il bisturi ma con la mannaia, eliminando integralmente il comma 11 dell’articolo 13, che prevedeva che il gettito dell’Imu dovuta per i fabbricati rurali strumentali fosse interamente riservato ai Comuni. Con l’abrogazione della norma, il gettito relativo ai fabbricati strumentali classificati in categoria D/10, essendo questi «fabbricati produttivi di categoria D», dovrebbe essere riservato, secondo il Ministero dell’Economia, allo Stato. La tesi ministeriale, sebbene aderente al dato letterale della norma, apre a parecchie incertezze.
Un primo profilo è rappresentato dalla circostanza che non tutti i fabbricati rurali strumentali sono accatastati in categoria D, potendosi accatastare, in base al decreto del ministero dell’Economia del 26 luglio 2012, anche in altra categoria, ad esempio C/2, ma con l’annotazione che si tratta di fabbricati rurali. Quindi, si avrebbero fabbricati strumentali, quelli con categoria D, il cui gettito sarebbe riservato allo Stato, e fabbricati strumentali, quelli iscritti nelle altre categorie catastali con l’annotazione di ruralità, il cui gettito sarebbe riservato ai Comuni. È difficile intravedere una razionalità fiscale in questa distinzione, mentre è facile vedere un’inutile complicazione per gli agricoltori.
Inoltre, nell’Imu 2013 è prevista la riserva allo Stato del gettito dei fabbricati D con applicazione dell’aliquota standard dello 0,76 per cento, ma la normativa (articolo 13, comma 8) prevede ancora oggi per i fabbricati rurali strumentali l’applicazione della aliquota base dello 0,2 per cento, peraltro non aumentabile ma solo riducibile sino allo 0,1 per cento. Secondo il ministero dell’Economia, si continuerebbe ad applicare l’aliquota dello 0,2 per cento, facendo salva anche la possibilità per i Comuni di disporre l’eventuale riduzione.
A ben vedere, la tesi ministeriale, che autorizza il Comune a intervenire sulla quota statale, troverebbe un suo fondamento nella soppressione dello stesso comma 11, che conteneva anche il divieto per i Comuni di deliberare riduzioni che potessero incidere sulla quota statale. Ma se si aderisce a tale tesi, si dovrà anche ammettere che come il Comune può ridurre l’aliquota base dei fabbricati rurali così potrà ridurre anche l’aliquota base dei fabbricati di categoria D.
È evidentemente impossibile lasciare ai Comuni la discrezionalità di abbassare l’aliquota standard, come confermato dal dipartimento Finanze che impone di rivedere le aliquote ai Comuni che prevedevano agevolazioni per questi immobili (si veda Il Sole 24 Ore del 6 febbraio). Per chiudere il cerchio, però, occorre che il legislatore intervenga nuovamente, ripristinando il comma 11 soppresso.


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