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Liberalizzazioni, il Pd contro Monti
Misure timide, solo parzialmente modificate in parlamento

A leggerne il contenuto, tutt’altro che tenero, sembra una bocciatura in piena regola. Secondo il Nens, il pensatoio di area Pd animato da Pier Luigi Bersani, Vincenzo Visco e Stefano Fassina, ha appena confezionato un documento in cui bacchetta il governo presieduto da Mario Monti a proposito del decreto sulle liberalizzazioni, da poco convertito in legge.
Un decreto timido su tutti gli argomenti più sensibili (banche, assicurazioni, carburanti, farmacie), migliorato in extremis solo grazie alle correzioni apportate dal parlamento.
Il testo è stato predisposto da Antonio Lirosi, già noto alle cronache economiche per aver rivestito la carica di Mister Prezzi e oggi responsabile del settore consumatori e commercio del Pd. Il titolo, già piuttosto eloquente, recita: «Liberalizzazioni, un nuovo avvio della riforma che rischiava di partire con il piede sbagliato». Concetto se possibile aggravato dall’incipit, nel quale Lirosi scrive che «le misure di liberalizzazione contenute nel decreto legge del governo non erano poi così coraggiose ed efficaci da stimolare nel breve termine investimenti, occupazione e una maggiore concorrenza tra gli operatori. Ed è proprio su queste criticità che si è concentrata l’azione propositiva del parlamento (e in particolare del Pd)».
I punti che avevano manifestato la debolezza del governo, e sono poi stati migliorati in parlamento, a leggere il documento sono tanti. Si comincia dalla nuova Autorità sui trasporti, che «era all’origine subordinata alla presentazione di un apposito disegno di legge», ma che nella versione definitiva «viene immediatamente istituita e sarà resa operativa entro maggio». Poi c’è «l’attesa e importantissima separazione proprietaria della rete di trasporto del gas (la società Snam, ndr) dall’Eni», che «con le modifiche approvate dal parlamento viene resa più rapida e definita nei suoi contorni attuativi». Ancora, sulla distribuzione dei carburanti, sostiene il documento del Nens, con la stesura finale del provvedimento «è stata teoricamente estesa la facoltà dei gestori dei punti di vendita di liberarsi del vincolo di esclusiva negli approvvigionamenti di carburanti, che nel decreto era del tutto preclusa agli esercenti non proprietari delle stazioni di rifornimento».
Molto densi, proseguendo, i progressi parlamentari che hanno consentito di superare le timidezze del tecnogoverno in materia di farmacie. Ecco l’elenco delle migliorie: «La soppressione della pianta organica delle sedi in rapporto al nuovo quorum di densità di abitanti (saranno i comuni a individuare le zone dove si potranno aprire oltre 4 mila nuove farmacie) di per sé rappresenta una svolta procedurale e anche culturale; l’ampliamento delle attività di vendita in regime concorrenziale (medicinali veterinari e preparazioni galeniche) che le parafarmacie potranno ora esercitare; l’eliminazione della limitazione demografica alla parziale liberalizzazione dei farmaci di fascia c (che era possibile soltanto nei comuni sopra i 12.500 abitanti». Per non parlare delle polizze-vita che le banche richiedono ai clienti per l’accensione di un mutuo. Il decreto all’inizio prevedeva «l’obbligo per gli istituti di presentare al cliente almeno due preventivi». Con le correzioni parlamentari «è stato sancito il principio che il mutuatario deve essere libero di contrarre sul libero mercato la polizza al miglior prezzo». Insomma, per il Nens il provvedimento sarebbe stato nullo, con buona pace dei proclami di Monti. Fortuna che c’è stato il parlamento, sembra voler dire il pensatoio, con un non troppo velato riferimento alle benefiche correzioni del Pd.


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