Affitti brevi, la Consulta legittima i limiti locali

18 Dicembre 2025
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La Corte costituzionale, con la sentenza del 16 dicembre 2025, n. 186 mette un punto fermo sul tema degli affitti brevi e respinge le censure del Governo contro la legge della Toscana. Il principio affermato è netto: la destinazione di un immobile residenziale alla locazione turistica non rientra tra gli elementi essenziali del diritto di proprietà. Ne consegue che Regioni e Comuni possono introdurre limiti e condizioni, senza sconfinare dalle proprie competenze costituzionali.

I due passaggi chiavi

La pronuncia individua due passaggi chiave. Il primo riguarda la destinazione d’uso degli immobili. Secondo la Consulta, una Regione può legittimamente circoscrivere le locazioni turistiche agli immobili con destinazione turistico-ricettiva, escludendo quelli a uso residenziale. In pratica, chi intende svolgere attività di affitto breve può essere chiamato a effettuare un cambio di destinazione d’uso. Un vincolo rilevante, che incide sulle scelte economiche dei proprietari, ma che i giudici ritengono non irragionevole quando l’immobile è utilizzato in modo stabile e organizzato come struttura extra-alberghiera.

Ancora più incisivo è il secondo profilo affrontato dalla Corte. La sentenza legittima la previsione secondo cui i Comuni a maggiore densità turistica, e comunque tutti i capoluoghi di provincia, possono individuare con regolamento specifiche zone o aree nelle quali fissare criteri e limiti per lo svolgimento delle locazioni brevi. Per la Consulta, si tratta di una scelta coerente con il riparto delle competenze: i problemi legati agli affitti turistici si concentrano in determinate aree e presentano caratteristiche diverse da territorio a territorio, rendendo il livello regionale e locale il più adeguato per bilanciare interessi economici, sociali e urbanistici.
Sul piano politico-istituzionale, le reazioni sono divergenti. Il presidente della Toscana, Eugenio Giani, parla di «vittoria su tutta la linea», mentre l’Anci rivendica il ruolo dei Comuni come soggetti più idonei a governare gli effetti delle locazioni brevi, auspicando però un quadro regolatorio nazionale unitario. Di segno opposto le posizioni di Confedilizia e delle associazioni dei gestori, che denunciano una compressione eccessiva del diritto di proprietà e temono ricadute negative sul valore degli immobili e sull’offerta ricettiva.
La sentenza segna comunque una svolta: gli affitti brevi non sono un diritto assoluto, ma un’attività economica suscettibile di regolazione territoriale, nel solco dell’interesse pubblico alla tutela dell’equilibrio urbano e abitativo.

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