Spetta ai comuni il gettito Imu dei fabbricati rurali strumentali. Va allo stato solo il gettito dei fabbricati di categoria D ad aliquota standard del 7,6 per mille. È questa l’interpretazione che si ricava dalla lettura dell’articolo 1, comma 380, della legge di stabilità (228/2012), nonostante la presa di posizione in senso contrario espressa dal dipartimento delle finanze con la risoluzione 5/2013.
Secondo il dipartimento, l’effetto prodotto dalla norma introdotta dalla legge 228/2012 per i fabbricati rurali ad uso strumentale all’attività agricola, classificati nel gruppo catastale D, è «quello di riservare allo stato il gettito derivante dai citati immobili all’aliquota dello 0,2%». La tesi ministeriale, però, non è condivisibile, poiché l’articolo 1, comma 380, lettera f) della legge di stabilità riserva espressamente allo stato il gettito dell’imposta «derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard». E nell’ambito del gettito riservato allo stato, con aliquota di base del 7,6 per mille, non rientrano gli immobili rurali strumentali anche se inquadrati nella stessa categoria. Del resto, per questi fabbricati è previsto un trattamento agevolato con applicazione dell’aliquota del 2 per mille che i comuni possono ridurre all’1 per mille, ma che non possono aumentare. È evidente la diversità di trattamento tra fabbricati rurali e altre tipologie di immobili. Tra l’altro, il comma 380 stabilisce che i comuni possono aumentare sino a 3 punti percentuali l’aliquota standard, prevista dall’articolo 13, comma 6, primo periodo del decreto «salva Italia» (201/2011) per gli immobili a uso produttivo classificati nel gruppo catastale D. Dunque, in questa previsione non possono rientrare i fabbricati strumentali, la cui disciplina è contenuta nel comma 8 della stessa disposizione, che impone regole del tutto diverse.
Dal 2013, infatti, la norma elimina la riserva della quota statale del 50% sull’Imu, ma impone la riserva di una quota del tributo dovuto per i fabbricati di categoria D ad aliquota standard (7,6 per mille). Per questi immobili ai comuni viene lasciata la facoltà di aumentare l’aliquota di 3 punti percentuali e di incassare le maggiori somme. Si tratta dei fabbricati destinati a attività industriali o commerciali. In particolare, opifici, alberghi, pensioni e residences, istituti di credito, cambio e assicurazione, teatri, cinematografi e via dicendo.
Va posto in rilievo che per i fabbricati rurali strumentali non conta più la classificazione catastale per avere diritto ai benefici fiscali. Possono infatti mantenere le loro categorie originarie. È sufficiente l’annotazione catastale, tranne per i fabbricati strumentali che siano per loro natura censibili nella categoria D/10. Con la circolare 2/2012 l’Agenzia ha fornito dei chiarimenti, relativamente a quanto disposto dal decreto ministeriale emanato il 26 luglio 2012, sugli adempimenti che devono porre in essere i titolari dei fabbricati interessati a ottenere l’annotazione negli atti catastali della ruralità, al fine di fruire anche per l’Imu degli sconti. Domande e autocertificazioni necessarie per il riconoscimento del requisito di ruralità, redatte in conformità ai modelli allegati al decreto ministeriale, avrebbero dovuto essere presentate all’ufficio provinciale competente per territorio entro il 1° ottobre 2012, al fine di ottenere l’esenzione anche per gli anni pregressi. L’eventuale di diniego di ruralità è impugnabile innanzi alle commissioni tributarie. Infatti, nel caso di esito negativo del controllo sulle domande e autocertificazioni prodotte dagli interessati, l’Agenzia è tenuta a notificare un provvedimento motivato con il quale disconosce il requisito della ruralità. Dagli atti catastali risultano anche le annotazioni negative sugli immobili, che impediscono ai contribuenti di poter fruire delle agevolazioni.
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