<p>Sull’abitazione principale, che rappresenta il capitolo più spinoso sia per la politica sia per i contribuenti alle prese con l’infinità di variabili Tasi, il cardine del progetto è il ritorno a un’aliquota standard più dell’attuale, ma accompagnata da detrazioni fisse (si veda anche Il Sole 24 Ore dell’8 ottobre). La mossa fa assomigliare parecchio la «tassa unica» alla vecchia Imu, che all’abitazione principale presentava una richiesta standard del 4 per mille invece dell’1 per mille della Tasi (raddoppiato però dalle delibere comunali), ma è questa la via maestra per superare i due difetti principali del tributo sui servizi indivisibili. Il primo è rappresentato dalla sua «regressività», perché in due Comuni su tre l’assenza di detrazioni ha aumentato il tributo a carico delle case di minor valore e imposto il pagamento anche a una parte dei cinque milioni di case sempre esentate da Ici e Imu, mentre per le abitazioni di valore maggiore, che pagavano gran parte dell’Imu, la Tasi si è rivelata sempre più leggera: il secondo difetto che la «tassa unica» vuole cancellare è la complessità della Tasi, che sull’abitazione principale è stata alimentata dalle infinite variabili, con tanto di scaglioni e formule matematiche, percorse da quel terzo di Comuni che ha inserito detrazioni, mentre sugli altri immobili è stata moltiplicata dagli incroci con l’Imu.</p>
<p>Lontano dall’abitazione principale, l’arrivo della tassa unica risponde soprattutto all’obiettivo della semplicità, perché il conto difficilmente potrà essere alleggerito. Sugli immobili strumentali (capannoni, uffici, alberghi, ma anche negozi, purché utilizzati dal proprietario) occorrerà anzi stare attenti al problema della deducibilità, perché oggi l’Imu può essere scontata al 20% dal reddito mentre la Tasi è interamente “scaricabile”: riportare il tutto in ambito Imu potrebbe quindi ridurre gli sconti fiscali indiretti prodotti dalle tasse immobiliari. Ai Comuni, poi, dovrebbe essere lasciata la scelta se introdurre la quota inquilini.</p>
<p>Nei progetti governativi, la «tassa unica» dovrebbe coinvolgere anche una serie di tributi minori, come le voci legate all’occupazione del suolo pubblico, e soprattutto l’addizionale Irpef, che dovrebbe quindi scomparire. Per farlo, occorre però attribuire ai sindaci gli oltre 4 miliardi di Imu (quella ad aliquota standard su capannoni, alberghi e centri commerciali) che oggi finisce allo Stato: una sfida non da poco, che deve risolvere non solo le questioni di copertura ma anche i problemi di distribuzione dei gettiti nei singoli Comuni.</p>
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento