L’aggiornamento del quadro macroeconomico presentato dall’Istat alle Commissioni Bilancio arriva nel momento cruciale dell’esame parlamentare della Legge di Bilancio 2026-2028. Numeri, simulazioni e prime valutazioni sugli effetti distributivi delle misure offrono a Governo, Parlamento, PA e professionisti un quadro più nitido della portata – e dei limiti – della Manovra.
Una manovra da 18,7 miliardi tra risorse temporanee e crescita fragile
Nel suo intervento, il presidente Francesco Maria Chelli ha ricordato che il disegno di legge di bilancio prevede per il 2026 interventi per 18,7 miliardi, pari a meno di un punto di PIL, finanziati in sostanziale equilibrio. Una parte rilevante delle coperture è però non strutturale:
circa 5 miliardi derivano dalla rimodulazione del PNRR;
il contributo straordinario di banche e assicurazioni garantisce oltre 4 miliardi nel 2026, ma scende sotto 1,5 miliardi nel 2028. Dal 2027 la tenuta della manovra poggia in misura crescente su nuovo deficit, valutato in circa 6 miliardi l’anno.
Sul fronte delle misure, i punti cardine sono la riduzione dell’aliquota Irpef dal 35% al 33% per i redditi tra 28mila e 50mila euro, la detassazione di premi e straordinari, il nuovo bonus mamme da 60 euro mensili per circa 865mila lavoratrici, la revisione dei criteri ISEE e un rifinanziamento del Servizio Sanitario Nazionale pari a 2,4 miliardi. Per le imprese, spiccano il credito d’imposta per le ZES (2,3 miliardi) e un fondo per sicurezza del territorio ed emergenze da circa 750 milioni.
Impatto su famiglie e imprese: chi guadagna davvero dalla manovra
Le simulazioni Istat mostrano un impatto differenziato delle misure:
la riduzione dell’aliquota Irpef favorisce soprattutto i redditi medio-alti, beneficiari naturali della fascia 28-50mila euro;
il bonus mamme concentra i vantaggi sulle famiglie delle fasce centrali di reddito;
le modifiche all’Isee risultano più favorevoli per i nuclei con figli e casa di proprietà, in particolare nei redditi medio-bassi.
Il quadro congiunturale resta fragile: PIL fermo nel terzo trimestre 2025 (solo +0,4% tendenziale), occupazione in lieve crescita e inflazione in discesa all’1,2%. Ma Chelli ha richiamato con forza due criticità strutturali: divari territoriali persistenti e difficoltà di accesso ai servizi, con quasi il 10% della popolazione che nel 2024 ha rinunciato a visite o accertamenti, soprattutto per le liste d’attesa.
Per PA e professionisti, il messaggio implicito è chiaro: la manovra introduce correttivi mirati a redditi da lavoro e imprese, ma la sostenibilità di medio periodo dipenderà dalla capacità di trasformare misure temporanee in crescita strutturale e da un uso più efficiente delle risorse, soprattutto in sanità e coesione territoriale.
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