Lo stesso criterio vale anche per la determinazione del reddito di questi immobili i quali siano posseduti da enti non commerciali, da persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di impresa, da società ed enti commerciali non residenti senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato e da enti non commerciali non residenti. È quanto chiarito dall’agenzia delle Entrate nella risoluzione 114/E del 31 dicembre 2012.
La precisazione si è resa necessaria per le possibili ambiguità che si potrebbero sollevare dalla lettura della nuova normativa, non sempre omogenea, in tema di immobili di interesse storico e artistico, recata dal Dl 16/2012, il quale non solo ha innovato gli articoli 37, 90 e 144 del Tuir ma anche l’articolo 13 Dl 201/2011 in tema di Imu.
Il primo profilo esaminato nella risoluzione 114/E è dunque quello degli immobili-patrimonio di interesse storico e artistico: il nuovo articolo 90 Tuir dispone che, ai fini Ires, il reddito di tali immobili è costituito dal loro “reddito medio ordinario”, vale a dire dalla rendita catastale rivalutata, ridotta del 50%, anche se l’immobile sia tenuto a disposizione (e quindi non si applica l’aumento del terzo). Se si tratta di immobili concessi in locazione, il loro reddito è rappresentato dalla somma maggiore tra il loro “reddito medio ordinario” e l’ammontare del canone di locazione ridotto del 35 per cento.
Secondo la risoluzione 114/E, dunque, i valori da confrontare per determinare l’imponibile ai fini Ires sono il canone annuo, ridotto del 35%, e la rendita catastale rivalutata, ridotta del 50 per cento. In altri termini, l’abbattimento al 50% della rendita catastale rivalutata si applica sia nel caso di immobile non locato sia nel caso di immobile locato: in quest’ultimo caso, il reddito da considerare ai fini Ires è la rendita catastale, così abbattuta, se maggiore dell’importo dei canoni di locazione, ridotti del 35 per cento.
Passando all’Irpef, la risoluzione afferma che il criterio appena enunciato si deve applicare anche alle persone fisiche che abbiano il possesso degli immobili in questione e che non agiscano nell’esercizio di un’attività d’impresa.
Ragionamento simile per gli immobili di società ed enti commerciali non residenti senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato e da enti non commerciali non residenti, e ciò per il rimando che gli articoli 152 e 154 Tuir fanno alle ordinarie regole di determinazione del reddito fondiario.
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