Social media e digital manager, la sfida della nuova comunicazione nella PA

Con la legge n. 69/2025, la comunicazione istituzionale della Pubblica Amministrazione si dota ufficialmente della figura del professionista con competenze analitiche, creative e digitali, ispirato al modello privato, incaricato di curare strategie online, engagement e relazione con i cittadini

27 August 2025
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di PASQUALE MONEA e PAOLA SABELLA (dal Sole 24 Ore)

Con l’approvazione della legge n. 69 del 2025, anche la comunicazione della PA avrà un nome e un cognome, quello del «Social media e digital manager», simile alle aziende private nelle quali da tempo la figura del Social Media Manager si occupa di sviluppare e gestire la presenza online di aziende e brand, creando strategie per migliorare visibilità, engagement e interazione con il pubblico. Si tratta di una professione che richiede capacità analitiche, creatività e una profonda conoscenza delle dinamiche del social media marketing, ovviamente con un particolare “occhio” alla PA. Una figura qualificata, con un percorso professionale alle spalle e un aggiornamento al futuro, individuata dall’amministrazione di appartenenza che, seppur lusingata dalle uscite social, ha avuto fino a oggi difficoltà a riconoscere e riconoscersi in questo nuovo ruolo.
Gli enti e le istituzioni, così come le imprese, si trovano a dover affrontare le sfide dell’intelligenza artificiale e della realtà virtuale e decidono, con l’approvazione bipartisan di questa riforma, di farlo con dignità, conoscenza e consapevolezza.

L’introduzione della figura del Social media e digital manager rappresenta sicuramente una svolta storica tanto per gli impiegati pubblici, che si troveranno ad affrontare nuovi percorsi di carriera, quanto per i cittadini ai quali viene riconosciuto il diritto a una informazione chiara e trasparente. Tutti ci ricordiamo la casa di vetro della riforma Brunetta: con l’introduzione del responsabile della trasparenza e dell’anti corruzione, gli enti hanno l’obbligo di pubblicare gli atti che riguardano le proprie decisioni e le proprie azioni amministrative. Già quella fu una rivoluzione storica preceduta, qualche anno prima, dall’introduzione del Cad – il codice dell’amministrazione digitale che ha preparato il campo alla figura dell’accesso civico generalizzato.

Ma con l’arrivo del social media manager non è solo il diritto amministrativo a fare un passo in avanti bensì tutta l’immagine della PA che si plasma (o si piega?) alla logica dei canali social e digitali, riconoscendo nella loro popolarità, uno strumento potentissimo per entrare nella vita delle persone, per offrire opportunità, risorse e contesti in cui definire il proprio vivere civile o il proprio fare impresa. Ed è qui la svolta storica. Non è più il cittadino a dovere entrare nella casa, seppur di vetro, delle amministrazioni ma sono le amministrazioni a entrare nella vita dei cittadini, piazzandosi sulle loro bacheche e nei loro profili Meta. Anche in questa rivoluzione, va detto, c’è lo zampino del Covid. In un momento di grande isolamento, i social ci hanno abbracciato e consolato, facendoci sentire rassicurati dai bollettini quotidiani e uniti nella sfida al male più grande del secondo dopoguerra. Da quel momento, il diritto amministrativo si è mischiato sempre di più alla realtà, le competenze giuridiche hanno ceduto il passo al marketing e all’informatica, la capacità dialettica si è assoggettata al numero di battute ma è proprio in questa osmosi a emergere, nitidamente, quella che dovrebbe essere o almeno dovrebbe provare a essere la Pa: un insieme di enti pubblici moderni, efficienti e al reale servizio dei cittadini.

Con la nuova norma le amministrazioni, anche locali così come le Camere di commercio per le funzioni di supporto e promozione per le imprese, contribuendo allo sviluppo economico locale, potranno (o forse meglio dovranno) prevedere nei propri organici questa figura. Al momento, in assenza di specifiche disposizioni contrattuali l’indicazione non potrà che essere soltanto di carattere “funzionale” senza incidere sull’inquadramento e sul trattamento economico. Nel futuro, però, stante la centralità della nuova figura i contratti collettivi dovranno necessariamente regolamentare così come la formazione delle figure diventa centrale.

Articolo integrale pubblicato su Il Sole 24 Ore del 27 agosto 2025 (In collaborazione con Mimesi s.r.l)

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