Il Dl 102/13 consente ai Comuni di regolamentare la Tares 2013 con altre modalità, ma la norma si presenta dai contorni indefiniti e con diversi dubbi applicativi.
L’articolo 5 si apre con la facoltà di intervenire sulla componente rifiuti della Tares, che non significa poter applicare la Tarsu-Tia (tributi ormai soppressi) o eliminare la quota sui servizi indivisibili, comunque dovuta nella misura di euro 0,30 a metro quadro.
Il Dl 102 ricorda poi ai Comuni che nella determinazione delle tariffe va comunque rispettato il principio comunitario «chi inquina paga». Il richiamo, a prima vista superfluo, non è privo di conseguenze, in primo luogo perché esclude la possibilità di continuare ad applicare tout court le vecchie tariffe Tarsu, spesso basate sulla redditività delle utenze (emblematico il caso delle banche, con tariffe decuplicate rispetto alle abitazioni). Esclusa anche la soluzione opposta, che imporrebbe di applicare la tariffazione “puntuale” basata sulla pesatura individuale dei rifiuti. Il principio «chi inquina paga» è infatti compatibile con parametri presuntivi tipici delle entrate tributarie, come la superficie e la tipologia d’uso. Purché le tariffe non siano sproporzionate rispetto al volume o alla natura dei rifiuti prodotti (Corte di Giustizia Ue sentenza 16/7/2009).
Principio rispettato anche nel caso di superfici a bassa produttività di rifiuti, come box, cantine e soffitte (Cassazione 2202/11 e 11351/12).
Dopo questi primi paletti inizia però la parte più critica della norma, che introduce tre criteri di commisurazione delle tariffe:
- sulla base delle quantità e qualità medie di rifiuti per unità di superficie;
- moltiplicando il costo del servizio per uno o più coefficienti di produttività quali-quantitativa di rifiuti;
- tenendo conto, altresì, dei criteri previsti dal Dpr 158/99.
Non si capisce se i criteri sono alternativi oppure cumulativi, opzione quest’ultima che sembra evincersi dal tenore della disposizione, che impone l’applicazione «altresì» del Dpr 158/99. Conclusione che non solo non ha senso, ma finisce addirittura per sottrarre ai Comuni quella «più ampia discrezionalità nella scelta dei criteri di determinazione delle tariffe» segnalata dal ministero nel dossier del 7 agosto 2013 sulla revisione del prelievo sugli immobili.
Nell’attesa che la questione venga chiarita, è possibile ipotizzare alcune soluzioni alternative:
- applicare la struttura tariffaria del Dlgs 507/93, con tariffe unitarie (senza parte fissa e variabile) ma adeguate al principio «chi inquina paga» (cioè in base alla produzione media di rifiuti);
- applicare una tariffa binomia in forma “semplificata”, cioè determinando propri coefficienti e prevedendo eventuali riduzioni per quelle categorie che, per effetto della riclassificazione, dovessero subire aumenti esagerati;
- impiegare il Dpr 158 in modalità “rigida”, cioè attenendosi solo al metodo normalizzato, che presenta comunque alcuni margini di flessibilità.
In ogni caso devono essere coperti integralmente i costi del servizio. Anche qui non è del tutto chiaro a quali costi fare riferimento se il Comune decide di uscire dagli schemi rigidi del Dpr 158/99. Il Dl 102/13 impone la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio (compresa la discarica), disposizione che potrebbe essere letta in due modi:
- come conferma del principio di copertura integrale dei costi previsti dal Dpr 158/99;
- come possibilità di escludere tutte quelle voci non strettamente collegate al servizio, tra cui i costi per accertamento, riscossione e contenzioso.
La norma si chiude con la precisazione che il regime del Dl 102 si applica all’ultima rata Tares 2013, facendo così salve le delibere di acconto già adottate e prevedendo il conguaglio di fine anno con le nuove regole, escludendo comunque l’autoliquidazione da parte del contribuente.
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