Tares, previsti rincari del 300%

I dati di Confartigianato sul peso dei nuovi tributi per le imprese e i contribuenti

Italia Oggi
28 August 2013
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La Tares incombe nelle piccole località. Ad essere maggiormente colpite, le imprese locali che, con l’introduzione della nuova tassa sui rifiuti, rischiano di subire rincari fino al 300%. Non andrebbe meglio, poi, nemmeno per alcune tipologie di laboratori artigiani che rischiano di dover pagare fino al 181,7% in più rispetto alla Tarsu. Il nuovo tributo sui rifiuti e servizi costerà in media 26 euro in più per abitante. Cattive notizie, poi, anche dal fronte Imu. Gli imprenditori nel 2012 hanno, infatti, pagato 9,3 miliardi di euro sugli immobili produttivi, ovvero il 39,1% del totale del gettito dello scorso anno. Queste le cifre rese note ieri da Confartigianato attraverso un comunicato pubblicato sul sito. Tares. «Per alcune tipologie di imprese», ha sottolineato il presidente di Confartigianato Giorgio Marletti, «l’applicazione della nuova Tares sarà un salasso, soprattutto se l’attività è svolta in piccoli comuni. Per le attività di pizza a taglio e simili, il rincaro sarà nell’ordine del 301,1%, mentre per i laboratori di pasticceria del 181,7%, senza considerare i piccoli produttori di pane e pasta che sarebbero costretti a sborsare il 93,6% in più». In base ai dati resi noti, il nuovo tributo su rifiuti e servizi, provocherà un aumento medio di 26 euro per abitante, pari al 17,6% in più rispetto a quanto avviene con l’applicazione degli attuali tributi sui rifiuti. Un trend che trova conferma di anno in anno. I rincari derivanti dalla Tares vanno, infatti, a sommarsi agli aumenti registrati in questi anni dalle tariffe dei rifiuti che, tra marzo 2012 e marzo 2013, sono cresciute del 4,9%, tra marzo 2008 e marzo 2013 gli aumenti sono stati del 22,1% e, negli ultimi dieci anni, hanno raggiunto il 56,6% in più.Imu. Simile, poi, la situazione Imu. «L’Imposta ha generato un maggiore prelievo fiscale di 14,5 miliardi sui contribuenti», ha spiegato Marletti, «gli imprenditori, poi, sono stati i più penalizzati perché il 50,6% dei comuni italiani ha aumentato l’aliquota base da applicare agli immobili produttivi, il 47,9% ha mantenuto l’aliquota base del 7,6 per mille e soltanto l’1,6% dei comuni l’ha ridotta: con il risultato che l’aliquota media nazionale applicata agli immobili produttivi è pari al 9,4 per mille, a fronte del valore base del 7,6 per mille». A conferma dei dati di Confartigianato, anche la Cgia di Mestre secondo cui, dopo le imprese, i più provati dalla batosta fiscale sono stati gli albergatori che, in media, sono stati costretti a pagare 11.500 euro di Imu.

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