Con la sentenza n. 9280 dell’8 aprile 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso che potrebbe avere importanti ripercussioni per migliaia di contribuenti. Al centro della vicenda vi è la questione dell’esenzione IMU per l’abitazione principale in regime di comproprietà tra fratelli. La contribuente sosteneva di aver diritto all’esenzione per l’intero immobile in cui abitava, non solo per la propria quota del 50%, ma anche per quella intestata al fratello, in quanto ciascuno dei due occupava stabilmente un diverso immobile tra quelli posseduti in comune.
La tesi si fondava sull’art. 1102 del codice civile, che disciplina l’uso della cosa comune tra comproprietari. Tuttavia, i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso, ribadendo che ai fini dell’esenzione IMU ciò che rileva non è l’utilizzo “di fatto” dell’immobile, bensì il possesso “di diritto” quale titolare di un diritto reale.
Secondo la Suprema Corte, l’esenzione spetta solo a chi possiede l’immobile adibito a prima casa in qualità di proprietario o titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, superficie, enfiteusi). L’uso personale di una casa formalmente intestata ad altri non dà dunque diritto ad alcun beneficio fiscale.
La Corte ha ricordato come la normativa consenta una riduzione del 50% solo nel caso in cui l’immobile sia concesso in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado, ma con contratto registrato. Senza questi requisiti, l’immobile utilizzato resta fiscalmente una “seconda casa”, anche se adibito a dimora principale.
Questa pronuncia chiarisce una volta per tutte che l’esenzione IMU non può essere estesa arbitrariamente in base a criteri di equità percepita, ma resta ancorata a rigidi presupposti giuridici. Un richiamo importante alla chiarezza e al rispetto formale delle norme tributarie.
Manuale per la gestione e il controllo dei tributi locali dopo la riforma fiscale
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