Una particolare ipotesi di accettazione dell’eredità e conseguente soggettività passiva ai fini IMU, è quella disciplinata dall’art. 485 c.c., ovvero del chiamato in possesso dei beni.
In questo caso, l’acquisto dell’eredità si determina senza necessità di accettazione, come conseguenza automatica che la legge ricollega ad un comportamento omissivo o commissivo.
Più specificatamente, il chiamato all’eredità, quando a qualsiasi titolo è nel possesso di beni ereditari, deve fare l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità (art. 485 c.c.). Se entro questo termine lo ha cominciato ma non è stato in grado di completarlo, può ottenere dal tribunale del luogo in cui si è aperta la successione una proroga che, salvo gravi circostanze, non deve eccedere i tre mesi.
Trascorso tale termine senza che l’inventario sia stato compiuto, il chiamato all’eredità è considerato ex lege erede puro e semplice (art. 485, comma 2, c.c.).
Compiuto l’inventario, il chiamato ha un termine di quaranta giorni per decidere se accetta o rinunzia all’eredità.
In mancanza di una decisione nel termine previsto, è considerato erede puro e semplice.
L’art. 485 c.c. ha lo scopo di tutelare i terzi, siano essi i chiamati in subordine o i creditori ereditari, sotto diversi profili: sull’integrità del patrimonio ereditario, dato che il possesso del chiamato potrebbe comportare distrazione dei beni; sulla certezza dei rapporti giuridici, dato che in breve tempo si raggiunge la certezza in ordine alla sorte dell’eredità; sulla tutela dell’affidamento, dato che i terzi, vedendo il chiamato nel possesso, per un certo tempo, dei beni ereditari, hanno fondato motivo per crede che l’eredità sia stata da lui accettata in modo puro e semplice.
Con alcune recenti pronunce, la Cassazione è intervenuta a chiarire due aspetti dell’istituto in commento. Innanzitutto la nozione di possesso ex art. 485 c.c. può essere riferita anche ad un singolo bene e mentre non è rilevante, ai fini dell’accettazione dell’eredità ex art.485 c.c., la permanenza nell’immobile del coniuge superstite in virtù dell’art.540 c.c., trattandosi di esercizio di un diritto riconosciuto dalla legge.
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