La Corte di cassazione, con sentenza n. 26921, pubblicata il 07 ottobre 2025 rivede il proprio orientamento, in tema di obbligo dichiarativo ICI/IMU nella fattispecie di variazione dell’immobile da terreno agricolo in suolo edificatorio, affermando il seguente principio di diritto: «l’onere dichiarativo della variazione degli elementi di imposizione previsto dall’art. 10, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (Ici) e, nell’IMU, dall’art. 13, comma 12 – ter, d.l. n. 201 del 2011, art. 13 (e successivamente imposto dall’art. 1, comma 769, legge 27 dicembre 2019, n. 160) non sussiste nell’ipotesi in cui la variazione consista nella sopravvenuta trasformazione di un terreno agricolo in area edificabile in forza dello strumento urbanistico generale adottato dall’ente impositore».
La pronuncia, costituisce una evoluzione dell’orientamento di legittimità nella sempre più ampia valorizzazione del principio statutario della leale collaborazione e della buona fede, sancito dall’art. 10, comma 1, della legge 7 luglio 2000. n. 212, nella direzione che nei casi in cui gli elementi rilevanti ai fini impositivi siano già noti all’ente impositore è irrilevante la omessa denuncia di variazione IMU.
I passaggi argomentativi
I precedenti
La Corte, evidenzia come, per la fattispecie in esame, i suoi precedenti fossero pacificamente orientati per l’obbligo dichiarativo: “ In particolare, sebbene con riferimento alla specifica fattispecie, i precedenti hanno ritenuto di escludere la rilevanza di equipollenti all’obbligo dichiarativo anche quando il Comune abbia acquisito una precedente conoscenza di fatto della modificazione, in quanto la disposizione di cui all’art. 10, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, non ammetterebbe atti o comportamenti equivalenti alla denuncia di variazione…”.
Ciò malgrado, per il giudice di legittimità, l’orientamento dell’inderogabilità della dichiarazione è stato “recentemente dalla giurisprudenza di legittimità ridimensionata in relazione a fattispecie particolari in cui il presupposto di fatto era noto all’ente impositore già prima dell’adozione dell’atto impositivo…”.
Le deroghe all’obbligo dichiarativo di conio giurisprudenziale.
Per la Corte, si è oramai affermato un indirizzo derogatorio alla rigidità dell’onere dichiarativo e richiama a sostegno alcuni dei propri pronunciamenti in questa direzione. In particolare si fa riferimento alla “ …ipotesi di immobile inagibile, l’imposta va ridotta…. nella misura del 50% anche in assenza di richiesta del contribuente quando lo stato di inagibilità è perfettamente noto al Comune, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente (art. 10, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212), di cui è espressione anche la regola secondo cui a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti all’ente impositore”.
Altro esempio indicato dalla Corte: “ …. in tema di ICI, qualora l’immobile sia adibito a negozio o bottega direttamente dal soggetto passivo dell’imposta, ed il Comune, con apposito regolamento, abbia stabilito, per tali casi, il diritto a fruire di aliquota agevolata (nei limiti di quanto previsto dall’art. 6 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504) ancorchè il contribuente abbia l’onere di presentare una dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per il godimento dell’agevolazione, quest’ultima spetta comunque al contribuente, ancorché questi non abbia presentato la relativa dichiarazione, poiché, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente – sancito dall’art. 10, comma 1, della legge 7 luglio 2000, n. 212, di cui costituisce espressione la previsione dell’art. 6, comma 4, della stessa legge – a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune.”
Nella stessa direzione anche l’illegittimità della previsione del regolamento comunale che subordina la riduzione dell’ICI su un immobile concesso dal proprietario in uso gratuito ai genitori o al figlio alla preventiva comunicazione di una domanda di variazione concernente siffatta circostanza. Sempre in questa ricognizione dei propri precedenti, per la Corte “ Ancora, è stato affermato che, ai fini dell’ICI e dell’IMU, anche in difetto di dichiarazione preventiva da parte dei contribuenti, l’area pertinenziale può considerarsi parte integrante del fabbricato a cui essa accede, perdendo autonoma rilevanza ai fini impositivi, nonostante l’edificabilità risultante dalle previsioni della pianificazione urbanistica (generale ed attuativa), sempre che l’ente impositore abbia avuto contezza (attraverso l’acquisizione di documenti o l’assunzione di informazioni, anche se per finalità extratributarie) del vincolo di pertinenzialità – desumibile dall’accertamento in fatto della stabile e durevole destinazione del bene accessorio a servizio o ornamento del bene principale – prima dell’anno di imposta a cui si riferisce l’avviso di accertamento (Cass.8 maggio 2023, n. 12226). “. Tale ultimo riferimento appare, però un po’ forzato in ragione delle numerose sentenze di legittimità che hanno ritenuto che la volontà del vincolo pertinenziale dovesse trovare evidenziazione e comunicazione nella formale dichiarazione.
La portata dell’art.10 dello Statuto dei diritti del contribuente
Per la sentenza in commento i succitati pronunciamenti sono legati dalla doverosa valorizzazione e rilevanza dei principi statutari ed in particolare dal disposto del comma 1 dell’art.10 a mente del quale “I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede.”, tant’è che ne definisce i concetti. La “collaborazione” trova il suo riferimento, “ dal lato dell’Amministrazione finanziaria, nei principi di «buon andamento», «efficienza» e «imparzialità» dell’azione amministrativa tributaria di cui all’articolo 97, primo comma, Cost.; dal lato del contribuente, invece, vengono in rilievo quei «comportamenti non collidenti con il dovere, sancito dall’articolo 53, comma 1, della Costituzione e imposto a “tutti” i contribuenti, di “concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, mentre la “buona fede” rispetto all’ente impositore “ coincide, almeno in gran parte, con i significati attribuibili al termine “collaborazione”, posto che entrambi mirano ad assicurare comportamenti dell’amministrazione stessa “coerenti”, vale a dire “non contraddittori” o “discontinui” (mutevoli nel tempo)”.
La Corte, comunque, ribadisce che la portata generale del principio affermato dall’art. 10, comma 1, cit. non esonera dalla necessità di correlarne l’applicazione alle caratteristiche proprie della specifica fattispecie, dovendosi aver riguardo agli obiettivi cui mirava la corretta attuazione dell’atto, del procedimento o dello svolgersi del rapporto impositivo, “richiedendo una declinatoria in concreto in relazione alla diversità delle fattispecie e delle situazioni”.
Gli obblighi dei soggetti del rapporto di imposta
La necessità di valutazione dei principi statutari rispetto alle fattispecie e alla situazione ha indotto la Corte ad una comparazione tra gli obblighi per i soggetti del rapporto di imposta nella fattispecie del transito oggettivo da terreno agricolo a suolo edificatorio. Ed infatti “ se la violazione dell’obbligo legale gravante sull’amministrazione di comunicare la variazione relativa alla natura edificabile del terreno – art.31,co.20, L. 289/2002 – non esonera, secondo l’interpretazione data dalla giurisprudenza di legittimità, il contribuente dall’onere di versare interessi e sanzioni – ascendendo l’onere dalla rilevanza tributaria dall’avvenuta destinazione edificatoria dell’area, in quanto adottata con uno strumento assoggettata a forme di pubblicità legale che per il loro carattere generale e normativo debbono ritenersi da questi conosciuti o conoscibili (ex pluribus Cass. 5 settembre 2022, n. 6064) – allora deve essere riconsiderato il principio di diritto affermato reiteratamente da questa Corte secondo cui l’assenza – in capo al Comune – dell’obbligo di comunicare la variazione non esimerebbe il contribuente dall’obbligo dichiarativo. “.
Si evidenzia nella sentenza in commento che “Se l’obbligo gravante sull’amministrazione di comunicare una circostanza prevista da uno strumento generale conoscibile si rivela in realtà superfluo e del tutto privo di effetti, anche in punto di sanzioni, in ragione appunto della pubblicità legale cui sono soggetti gli strumenti urbanistici, imporre al contribuente l’obbligo di dichiarare una circostanza inferibile da una previsione generale adottata dallo stesso ente impositore (ed assoggettata a pubblicità legale) si rivela del pari incongruente. “.
La conclusione
Nella sentenza in commento il rispetto dell’art.10 della L. n.212/2000 , si declina nella “nella irrilevanza della dichiarazione tutte le volte in cui il dato imponibile da dichiarare sia comunque conoscibile attraverso le procedure telematiche, è ravvisabile altresì in tutte le ipotesi in cui il dato imponibile sia già a conoscenza dell’ente impositore.”.
Elementi di criticità
Se per un verso, la sentenza è certamente condivisibile rispetto all’inutilità dell’onere informativo tra i soggetti del rapporto di imposta per quei dati a loro già noti, da altro verso, pare trascurare, che nel caso specifico di transito da terreno agricolo a suolo edificatorio la dichiarazione non contiene solo la informazione della mutazione del presupposto impositivo oggettivo, ma anche la esposizione della base imponibile che rappresenta un elemento decisivo ai fini delle eventuali violazioni per le patologie dichiarative rispetto a quelle sul versamento. Non pare debitamente considerato che l’IMU si versa in autoliquidazione e che per la fattispecie in commento, si transita da un valore catastalizzato come quello dei terreni agricoli ad un valore venale il cui dato imponibile non è certo espresso nel procedimento amministrativo di variazione urbanistica, né tantomeno può elevarsi l’eventuale valore da delibera, come valore dichiarato.
Ad ogni buon conto la sentenza in commento esprime un principio di diritto che va al di là dei temi del contendere del giudizio a soluzione del quale è stata emessa la statuizione, sicchè va considerata la universalizzazione della decisione individuale, per cui gli enti locali non possono non adeguare la propria attività accertativa al citato principio di diritto. Tale onere di adeguamento non si deve limitare alla sola fattispecie del transito tra terreno agricolo a suolo edificatorio ma ha rilevanza per tutte quelle in cui l’onere informativo tramite la dichiarazione assume i caratteri dell’inutilità in quanto portatrice di dati ed elementi già noti al soggetto attivo del rapporto di imposta.
Sulla scorta dei citati principi la eventuale violazione del contribuente dovrà essere considerata rispetto a quelle sul versamento, piuttosto che di omissione/infedeltà dichiarativa e, comunque, per ovvie ragioni di prudenza l’atto accertativo in caso di omesso/parziale versamento rispetto alle aree edificabili, è consigliabile sia preceduto dallo schema d’atto ex art.6-bis L. n.212/2000, senza dimenticare del termine di decadenza in relazione alla violazione di omesso/parziale versamento da contestare.
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